E’ sempre un po’ complicato parlare di una diatriba che vede come protagonisti uno storico ed un personaggio che purtroppo non c’è più. Quando questo personaggio ha fatto la storia del Paese in cui viviamo grazie ad avvenimenti sui quali, oggi, vi è più di qualche dubbio, la difficoltà sale, fino a raggiungere la vetta massima quando la personalità in questione rappresenta un esempio quasi inattaccabile di deontologia professionale e di arte scrittoria per chi intraprende o ambisce ad intraprendere il mestiere del giornalista. Ma veniamo ai fatti. Uscirà in libreria, a breve, un volume, scritto dalla storica Renata Broggini, dal titolo “Passaggio in Svizzera – La doppia vita di Indro Montanelli”, edito dal Feltrinelli, contenente una serie di notizie che sgretolerebbero, se confermate, l’aura di ortodossa professionalità che cinge il grande maestro del giornalismo italiano. La Broggini smentirebbe, dati (a sua detta) alla mano (fatti che potremo verificare quando il libro sarà in vendita), alcuni capisaldi della carriera giornalistica di Montanelli (foto): in primis, sconfesserebbe la presenza del giornalista toscano in Piazzale Loreto, a Milano, al momento dell’esposizione a testa in giù delle salme di Benito Mussolini e Claretta Petacci, avvenimento sul quale Montanelli scrisse un memorabile articolo in presa diretta. Questo secondo la storia. Secondo invece i dati in possesso di Realta Broggini Montanelli sarebbe stato altrove: non avrebbe dovuto essere lì in quel momento. Prima pugnalata al cuore per la folta schiera di giornalisti che hanno eretto il cronista di Fucecchio ad esempio incontestabile. Non solo. Secondo la pubblicazione, Montanelli non avrebbe dato alcun apporto alla guerra partigiana, avrebbe abbandonato la moglie Maggie in balia dei tedeschi e, soprattutto, non sarebbe realmente evaso dal carcere di San Vittore in seguito alla condanna a morte da parte dei nazisti. Secondo la ricostruzione alternativa, infatti, l’intercessione della madre Maddalena (il cui ruolo dal giornalista è sempre stato minimizzato) avrebbe fatto in modo che il figlio potesse uscire dal carcere, pur senza doversi calare dal muro con una corda.
In soccorso dell’amico e collega, però, è giunto Mario Cervi che, dalle pagine de “Il Giornale” (in un tempo non troppo lontano diretto dallo stesso Montanelli) ha preso le difese del giornalista defunto: “Montanelli da qualche tempo a questa parte è diventato un bersaglio facile, perché la copertura della sinistra, che per un certo periodo lo coccolò in odio a Berlusconi, si è attenuata e la copertura del centro-destra è svogliata”. Senza rispondere alle “provocazioni” della Broggini, Cervi continua: “nel ricostruire i suoi straordinari articoli, a volte modificava questo o quel particolare perché voleva che la storia risultasse più giornalistica”. Ora, non potendo, per ovvi motivi, ascoltare la “parte lesa” della questione (e ce ne rammarichiamo tutti), non ci resta che attendere l’uscita in libreria del saggio “Passaggio in Svizzera – La doppia vita di Indro Montanelli”, per leggere, con un pizzico di disincanto, i presunti peccati e peccatucci del più grande “mostro sacro” del nostro giornalismo, Indro Montanelli. Che per noi, al di là di qualsiasi cosa dovesse ermergere sul suo passato, rimarrà un esempio fulgido della professione. (Giuseppe Colucci per NL)