Le banche dietro le dimissioni di Tronchetti Provera?

Forse le grandi banche che sono creditrici di miliardi di euro nei confronti della Telecom, hanno preteso un deciso cambio di guida e strategia


da L’Unità On Line
www.unita.it/view.asp?IDcontent=59652

Alle 20.20 il primo lancio dell´agenzia Apcom: «Tronchetti Provera si è dimesso, Guido Rossi presidente». Dire che è una bomba è, questa volta, un understatement. Anche perché non c´era stato nessun segnale premonitore. Da due giorni il presidente di Telecom e Pirelli era nella bufera di uno scontro al color bianco con Romano Prodi dopo che il consiglio di amministrazione della Telecom aveva deciso di scorporare Tim e di metterla in vendita.

Il consiglio di amministrazione di Telecom si era riunito nel pomeriggio per discutere della situazione. Da due giorni tutti i titoli della scuderia Tronchetti Provera – Pirelli e Telecom in testa – puntavano verso il basso. Cosa sia successo durante la discussione del Cda non si sa.

Forse le grandi banche, in primis Unicredit e Banca Intesa, che sono creditrici di 40 miliardi di euro nei confronti della Telecom, hanno preteso un deciso cambio di guida e strategia. Questo potrebbe spiegare la scelta di Tronchetti Provera, che forse avrà come conseguenza la riduzione della tensione che si è creata attorno all´azienda.

Nel silenzio ufficiale della società, si registrano tuttavia le prime reazioni politiche. Che sono inevitabilmente caute e sorprese. «Dal punto di vista del governo è una decisione autonoma del Cda come è giusto che sia – reagisce il ministro per i Rapporti con il Parlamento Vannino Chiti. Il governo prende atto, il governo non deve decidere i dirigenti di azienda ma al di là delle persone quello che per noi è importante è che siano chiariti i dubbi e le preoccupazioni di fronte alla strategia ed alle prospettive di Telecom».

«Non posso dire nulla in questo momento, ma le dimissioni di Marco Tronchetti Provera dalla presidenza della Telecom dimostrano ancora di più quanto è urgente capire fino in fondo quel che è successo», sostiene Luciano Violante, presidente Ds della Commissione affari costituzionali della Camera. E il segretario di Rifondazione, Franco Giordano, si dice convinto «che siamo al saldo della politica delle privatizzazioni. Siamo di fronte al fallimento di un’ipotesi di distruzione della nostra impresa più tecnologicamente avanzata e credo che il processo di finanziarizzazione della nostra economia debba essere bloccato. Ora occorre una spazio pubblico, bisogna ricostruire una unità dell’azienda perché questa è strategica per il Paese»

Lo scontro con Prodi

Anche poco prima delle dimissioni gli strascichi della polemiche tra Prodi e Tronchetti Provera aveva occupato giornali e televisioni, oltre al mondo politico. «Ma stiamo diventando matti?», aveva sbottato Romano Prodi, assediato in Cina dai giornalisti che lo tempestano con domande sul caso Telecom. A chi gli chiede di commentare le richieste dell’opposizione perché sul “caso” Telecom il governo si presenti in aula, il premier risponde spazientito: «Guardate – dice Prodi – il caso non ha nessun elemento nuovo. Lasciamo stare le chiacchiere, ne abbiamo fatte anche troppe, facciamo parlare i fatti».

Prodi nega anche di aver rilasciato interviste sulla questione. Il riferimento è probabilmente all´articolo uscito in prima di Repubblica. «Non l’ho assolutamente fatto, non ho aggiunto una parola». E a chi gli fa notare che però l´articolo c´è, risponde: «Sì lo avete letto e l’ho letto anche io. È stata una intelligente ricostruzione di tessere esistenti, non di più».

La vicenda ormai è nota: tra Prodi e Tronchetti Provera, patron di Telecom, si è aperto un teso confronto dopo la decisione del Consiglio di amministrazione dell´azienda di scorporare Tim e di venderla, probabilmente a investitori stranieri. Cosa di cui il Governo, secondo Prodi, avrebbe dovuto essere informato.

Ma come nei peggiori feuilleton, c´è stato il colpo a sorpresa, con un documento fatto scivolare da Tronchetti Provera a due giornali amici: il Sole-24 Ore (quotidiano di Confindustria) e il Corriere della Sera, giornale di cui Tronchetti è azionista. Il documento, scritto da Angelo Rovati, consigliere del premier, suggeriva lo scorporo della rete da Telecom e la sua cessione alla Cassa Depositi e Prestiti. «Un´iniziativa personale» ha spiegato Rovati, sulla quale Prodi non era stato informato. «Chiacchiere», le ha definite il premier visibilmente irritato con chi ha voluto riportare la vicenda a galla. «Chiacchiere, anche troppe – ha scandito – a cui bisogna dire basta» lasciando la parola ai fatti.

Sul rifiuto di Prodi ad andare alle Camere, l´opposizione ha imbastito quella che di solito si chiama «un´indegna gazzarra». Da una parte chiedendo le dimissioni di Rovati (o in alternativa dello stesso Prodi), dall´altra alzando la voce e arrivando persino (come fa il solito Schifani) a fare una connessione con Telekom Serbia, l´altro “caso” costruito dalla destra.

Sulla questione si aggiunge anche la voce del ministro Antonio Di Pietro. «Ma quale Governo in Parlamento! Forse sarebbe il caso che sia Tronchetti Provera a riferire ai propri soci». «Si tratta di una tempesta in un bicchier d’acqua. Per me – conclude – quello che è capitato è stata una furbata che ha voluto spostare l’attenzione da Tim-Telecom a Rovati».

L´allarme del sindacato

Cercando di emergere dal polverone mediatico, cominciano a farsi sentire voci sempre più preoccupate sul destino del gruppo Telecom. «Colpisce che in pochi si siano interrogati sul destino di uno dei più grandi gruppi industriali europei per effetto delle decisioni prese dal Consiglio di amministrazione di Telecom. Sono problemi solo del sindacato, questi?» si chiede ad esempio Emilio Miceli, segretario generale del Sindacato lavoratori delle comunicazioni della Cisl che annuncia la richiesta del sindacato di un colloquio con Prodi «dopo i silenzi e l’omertà emersi dal confronto con gli amministratori delegati di Telecom».

«Ad essere in gioco – afferma il segretario – sono la presenza italiana nelle telecomunicazioni, la capacità di Telecom di essere motore di sviluppo e di innovazione, la possibilità della integrazione nelle piattaforme tecnologiche, il futuro di 80.000 dipendenti». Un futuro che preoccupa il sindacato, anche in vista di una possibile maggiore competizione da parte del concorrente principale, Vodafone: «Mentre Telecom decide lo scorporo di Tim – spiega Miceli – Vodafone acquista l’accordo con Fastweb, avviandosi così a recuperare un ritardo che era sotto gli occhi di tutti, intraprendendo la strada dell’integrazione tra fisso e mobile, nuova frontiera della competitività nelle Tlc». «Vorremmo sapere – conclude il sindacalista – qual’è, al di là dell’accertamento della verità sugli aspetti meno chiari di questa vicenda, il pensiero dei partiti e del Governo. Ci piacerebbe misurarci su queste questioni».

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