di Franco Abruzzo
La legge professionale dei giornalisti n. 69/1963 circoscrive il segreto a tre casi: a) fonte della notizia; b) “i provvedimenti disciplinari sono adottati a votazione segreta”; c) “le elezioni per le varie cariche hanno luogo separatamente con votazione segreta”. In nessun altro articolo della legge e del suo regolamento si fa riferimento al segreto o alla riservatezza.
Tribunale civile di Milano: “L’interesse del pubblico alla corretta e completa informazione su tutto ciò che riguarda la vita ‘pubblica’ in genere, ivi comprese le vicende relative ai giornalisti, che della vita ‘pubblica’ sono gli interpreti ed i veicoli primi, deve sempre e comunque prevalere sul diritto del singolo, chiunque esso sia, alla riservatezza”.
La giurisprudenza del Tribunale civile di Milano e del Garante della privacy
Ricerca di Franco Abruzzo
docente universitario a contratto di “Diritto dell’informazione”
Il Codice del 3 agosto 1998 circoscrive la privacy a tre argomenti fondamentali (sesso, salute e soggetti deboli). L’articolo 12 dello stesso Codice parla di “Tutela del diritto di cronaca nei procedimenti penali”: “Al trattamento dei dati relativi a procedimenti penali non si applica il limite previsto dall’articolo 24 della legge n. 675/1996. Il trattamento di dati personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all’articolo 686, commi 1, lettere a) e d), 2 e 3, del Codice di procedura penale è ammesso nell’esercizio del diritto di cronaca, secondo i principi di cui all’articolo 5”. I giornalisti possono raccontare quello che risulta scritto nel Casellario giudiziale a carico di ogni persona: sentenze di condanna, ordini di carcerazione, misure di sicurezza, provvedimenti definitivi che riguardano l’applicazione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale, dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere. Il diritto di cronaca vince in maniera ampia.
La legge sulla privacy non annulla un’altra legge centrale dell’ordinamento giuridico, la n. 633/1941 sul diritto d’autore. L’articolo 96 (in linea con l’articolo 10 Cc) protegge l’immagine della persona, che deve dare il consenso alla pubblicazione della sua foto. Senza il consenso, la pubblicazione della foto diventa un illecito civile. L’articolo 97 fissa le eccezioni: “Non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico”. Sul risvolto di tale norma si suole articolare l’ampiezza del diritto di cronaca: si può pubblicare tutto ciò che è collegato a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Nel concetto di pubblicazione lecita è compresa anche la fotografia di persone che godano di notorietà o che ricoprano uffici pubblici. Il giudice può autorizzare la pubblicazione della foto di un minore sequestrato o scomparso: in questi casi prevale “la necessità di giustizia o di polizia”. Se è lecito pubblicare la foto di una persona nota o protagonista di un fatto pubblico o di interesse pubblico (è fatto pubblico anche una trasmissione tv), è lecito riferire fatti e circostanze (come le sentenze e le delibere disciplinari) che si riferiscono alla stessa persona: “Nell’ambito dell’esercizio specifico del diritto di cronaca in materia giudiziaria, il limite della verità deve essere restrittivamente inteso, dovendosi verificare la rigorosa corrispondenza tra quanto narrato e quanto realmente accaduto. Nei confronti di tali accadimenti, il giornalista deve porsi come semplice intermediario tra il fatto e l’opinione pubblica: da un lato essendovi il diritto-dovere del giornalista di informare e, dall’altro, il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. (Fattispecie in cui è stato ritenuto diffamatorio affermare, contrariamente al vero, che alla persona oggetto dell’articolo lesivo era stato recapitato un avviso di garanzia)” (Cass. pen. Sez. V, 18-11-2004, n. 3999; FONTI Riv. Pen., 2005, 1087).
L’avviso disciplinare, utilizzato in sede amministrativa nei procedimenti disciplinari, è parificato all’avviso (o informazione) di garanzia utilizzato dalla magistratura inquirente. Il giornalista, che diffonde un avviso disciplinare, deve averlo acquisito in maniera lecita: questa è una precondizione della diffusione. L’avviso (o informazione) di garanzia viene normalmente pubblicato dalla stampa: “Ritiene la Corte che nell’ambito dell’esercizio specifico del diritto di cronaca in materia giudiziaria, il limite costituito dalla verità del fatto narrato – fermo restando il rispetto dei canoni della verità e della continenza – debba avere un riscontro fenomenologico nella realtà obiettiva (notiziare di un avviso di garanzia, di un fermo, di un arresto, dell’esistenza di indagini a carico di un determinato soggetto, di un’intervista), riferendo fatti e situazioni effettivamente accaduti nell’attività giudiziaria, riportare correttamente affermazioni e giudizi effettivamente dati da imputati o testimoni o indagati. Infatti, nei confronti di tali accadimenti, il giornalista si pone come semplice intermediario tra il fatto e l’opinione pubblica: da un lato il diritto-dovere del giornalista di informare e, dall’altro, il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati” (Cass. pen., Sez. V, 04-02-2005, n. 3999).
Tutti gli atti di rilevanza pubblica, adottati dal Consiglio dell’Ordine di Milano – argomento che conosco per la mia passata attività di presidente di quell’ente nel periodo maggio 1989-maggio 2007 – sono stati normalmente pubblicati in “Tabloid” oppure nel sito www.odg.mi.it: “Perché la divulgazione a mezzo stampa di notizie lesive dell’onore possa considerarsi lecita espressione del diritto di cronaca, e non comporti responsabilità civile per violazione del diritto all’onore, devono ricorrere tre condizioni: 1) utilità sociale dell’informazione; 2) verità oggettiva, o anche soltanto putativa purché frutto di diligente lavoro di ricerca; 3) forma civile dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione, che non ecceda lo scopo informativo da conseguire e sia improntata a leale chiarezza, evitando forme di offesa indiretta” (Cass., I sez. civile, sentenza n. 5259/1984, Il Foro italiano, anno 1984, Vol. CVII, pag. 2719).
Gli avvisi disciplinari e le delibere di apertura del procedimento disciplinare sono divulgabili in quanto assorbiti nella successiva delibera disciplinare, che è a sua volta pubblica come hanno stabilito sia il Tribunale civile di Milano sia il Garante della privacy.
La legge professionale dei giornalisti n. 69/1963 circoscrive il segreto a tre casi: a) fonte della notizia; b) “i provvedimenti disciplinari sono adottati a votazione segreta”; c) “le elezioni per le varie cariche hanno luogo separatamente con votazione segreta”. In nessun altro articolo della legge e del suo regolamento si fa riferimento al segreto o alla riservatezza,
Chi pubblica atti decisori di una istruttoria disciplinare pertanto correttamente esercita il diritto di cronaca dando notizia di un fatto vero e di interesse pubblico. In termini generali si può dire che va assicurata la trasparenza dell’attività disciplinare degli Ordini professionali e il controllo della collettività sul modo in cui viene amministrata la giustizia “domestica” all’interno dei Consigli degli Ordini, svolgendo i professionisti un’attività di rilevanza pubblica e sociale. E’ sempre successo, quando esplodo vicende rilevanti sul piano disciplinare, che i Consigli dell’Ordine abbiano avvertito i cittadini sulle iniziative deontologiche intraprese. I Consigli funzionano come funzionava un tempo il vecchio pretore: sono insieme pubblico ministero e giudice. Avviano l’iter disciplinare e poi ne sono giudici amministrativi. Funzioni non censurate dalla Corte costituzionale con la sentenza 505/1995.
Giurisprudenza sulla divulgabilità dell’avviso di garanzia (e dell’avviso disciplinare).
a) Avviso di garanzia: pubblicabile, ma prima deve essere portato a conoscenza degli interessati
“La diffusione attraverso i mezzi di informazione della notizia di un invito a comparire davanti all’autorità giudiziaria penale nei confronti del Dott. Cesare Romiti e del Dott. Francesco Paolo Mattioli, prima che di tale invito avessero effettiva conoscenza gli interessati, costituisce violazione delle norme a tutela della riservatezza”. Questa la pronuncia dell’Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali, in relazione alla vicenda che riguarda il Presidente e il manager della FIAT. La violazione è relativa in particolare all’art. 9, comma 1, lett. a) della legge 675/96, che prevede che i dati vengano trattati in modo lecito e secondo correttezza. “In relazione al concreto svolgimento della vicenda, quale risulta documentata dagli interessati – prosegue l’Autorità – non si rinvengono elementi giustificativi dell’esercizio del diritto di cronaca, che comunque sarebbe stato possibile esercitare in tempi brevissimi, una volta che gli interessati avessero avuto effettiva conoscenza dell’invito a comparire. Il Garante sottolinea, inoltre, che quello dell’esercizio del diritto di cronaca è uno dei temi che dovranno essere affrontati dal Codice di deontologia previsto dall’art. 25 della legge n. 675/96 e per il quale l’Autorità ha già avviato la procedura” (comunicato stampa del Garante 11 luglio 1997).
b) La pubblicazione della notizia di rinvio a giudizio non viola la privacy
La pubblicazione sulla stampa della notizia relativa a una richiesta di rinvio a giudizio non viola la legge sulla riservatezza dei dati personali, anche quando avvenga prima che l’interessato abbia ricevuto in proposito una formale comunicazione. E’ quanto ha stabilito il Garante per la protezione dei dati personali, decidendo su un ricorso presentato da un cittadino. Il ricorrente aveva lamentato la circostanza che alcuni quotidiani avevano pubblicato la notizia prima della notificazione allo stesso dell’avviso dell’udienza preliminare. L’interessato aveva chiesto al Garante di ordinare il blocco della diffusione dei dati relativi alla sua posizione giudiziaria e di applicare il principio, già affermato dal Garante, secondo cui la pubblicazione della notizia relativa ad un atto di indagine, prima che l’interessato ne abbia o possa averne conoscenza, è illegittima in quanto la legge n. 675 del 1996 impone di raccogliere e divulgare i dati personali in modo lecito e corretto e non infrangendo altre leggi, ivi incluso il codice di procedura penale. Nell’ultima decisione, il Garante ha osservato che la richiesta di rinvio a giudizio non è qualificabile come “atto di indagine” e la diffusione della relativa notizia, allo stato della legislazione vigente, non è vietata da norme specifiche, fatti salvi i particolari divieti previsti dal codice di procedura penale. L’Autorità ha, inoltre, constatato che gli articoli di stampa allegati dal ricorrente hanno riferito la notizia senza oltrepassare i limiti posti al diritto di cronaca a tutela della riservatezza.
Il Garante ha, pertanto, dichiarato la manifesta infondatezza del ricorso, precisando che qualora le notizie relative alla posizione giudiziaria del ricorrente siano riferite sulla stampa in termini non veritieri, restano fermi in favore dell’interessato gli strumenti di tutela che la legge n.675 e le altre leggi dello Stato prevedono a garanzia della persona (comunicato stampa del Garante 20 ottobre 1997).
c) Tribunale civile di Milano: “accessibili a tutti” i provvedimenti disciplinari dell’Ordine
Anche la prima sezione del tribunale civile di Milano in composizione monocratica (dott.ssa Maria Rosaria Grossi) il 10 luglio 1998 ha ritenuto che i provvedimenti disciplinari degli Ordini (nel caso dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia) debbano essere pubblici e divulgabili. Nei “motivi della decisione” si legge: “I difensori delle parti hanno, con dotte motivazioni, esteso a dismisura il thema decidendum, che appare invece al giudicante possa essere agevolmente circoscritto alla liceità (o illiceità) della pubblicazione di un provvedimento effettivamente assunto dal Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti Consiglio regionale della Lombardia. Non v’é spazio per ipotizzare una risposta negativa: il Consiglio dell’Ordine è organo preposto alla sorveglianza ed alla disciplina dei suoi iscritti ed i suoi provvedimenti sono, e devono essere, per loro natura e per la natura dell’ente che li emana, accessibili a tutti. Aver comunicato alla stampa nazionale il provvedimento completo ed averlo pubblicato su ‘Tabloid’ non costituisce certo comportamento illecito, lesivo dei diritti di A. M.. Meraviglia che le censure muovano da chi ha fatto dell’informazione il proprio impegno quotidiano e dovrebbe quindi ben sapere che l’interesse del pubblico alla corretta e completa informazione su tutto ciò che riguarda la vita ‘pubblica’ in genere, ivi comprese le vicende relative ai giornalisti, che della vita ‘pubblica’ sono gli interpreti ed i veicoli primi, deve sempre e comunque prevalere sul diritto del singolo, chiunque esso sia, alla riservatezza. Corre poi obbligo di rilevare come la comunicazione della decisione (peraltro confermata in secondo grado) sia stata particolarmente completa, esauriente e corretta. La notizia é stata data senza il minimo commento, ma tutti gli elementi, di accusa e di difesa, sono stati puntigliosamente riportati, sia nel comunicato alla stampa che nell’articolo apparso su Tabloid”.
LA MASSIMA
Il Consiglio dell’Ordine è organo preposto alla sorveglianza ed alla disciplina dei suoi iscritti ed i suoi provvedimenti sono, e devono essere, per la loro natura accessibili a tutti. Pertanto la pubblicazione integrale sulla stampa del provvedimento disciplinare non costituisce comportamento illecito lesivo dei diritti dell’incolpato (Trib. Milano, 27 luglio 1998; Parti in causa A.M. c. F.A. e altro; Riviste Rass. Forense, 1999, 200).
d) E’ pubblica e accessibile a chiunque la notizia che un libero professionista è sospeso dall’esercizio della professione
Il libero professionista iscritto all’albo non può invocare la privacy rispetto alla notizia dell’esistenza di un provvedimento disciplinare a suo carico che si rifletta sull’esercizio della sua professione. Il principio è stato stabilito dal Garante, composto dal prof. Stefano Rodotà, dal prof. Giuseppe Santaniello, dal prof. Gaetano Rasi e dal dott. Mauro Paissan, in merito ad un ricorso con il quale un avvocato aveva lamentato la violazione delle norme sulla riservatezza da parte del Consiglio dell’Ordine della sua città. In particolare, il legale aveva chiesto al Consiglio di non menzionare, in un numero in via di stampa di una rivista curata dal medesimo Ordine, un provvedimento di sospensione temporanea dall’esercizio della professione di avvocato già eseguito nei suoi confronti. La diffusione di tali dati nel cosiddetto foglio aggiuntivo dell’albo inserito in calce alla rivista, avrebbe violato, a suo avviso, le norme sulla privacy. Disattendendo la richiesta (con la quale era stata lamentata anche l’affissione del provvedimento di sospensione nelle bacheche dell’Ordine presenti in diversi uffici giudiziari), il Consiglio aveva deciso di pubblicare comunque i dati. L’avvocato si era, pertanto, rivolto al Garante per impedire tale pubblicazione.
Senza entrare nel merito dell’opportunità o meno di pubblicare la notizia sulla rivista, il Garante ha stabilito che il Consiglio non ha violato le norme sulla privacy. Il Garante ha innanzitutto ribadito l’orientamento espresso nei precedenti provvedimenti in materia: la legge sulla riservatezza dei dati non ha modificato la disciplina legislativa (per quanto datata e meritevole di essere adeguata) riguardo al regime di pubblicità degli albi professionali e alla conoscibilità degli atti connessi. Tali albi sono, inoltre, destinati per loro stessa natura e funzione ad un regime di piena pubblicità, anche in funzione della tutela dei diritti di coloro che, a vario titolo, hanno rapporti con gli iscritti. Le norme relative ai vari albi permettono a diversi ordini professionali di comunicare e diffondere a soggetti pubblici e privati i dati personali contenuti nei rispettivi albi in armonia con la legge sulla privacy. L’Autorità ha affermato che, sebbene le diverse disposizioni che regolano tale pubblicità dovrebbero essere aggiornate alla luce della legge sulla privacy, tuttavia questo non preclude la qualificazione degli albi professionali come atti pubblici oggetto di doverosa pubblicità e conoscibili da chiunque. Il caso esaminato riguardava, in particolare, anche la specifica questione del regime di pubblicità dei provvedimenti disciplinari adottati nei confronti degli iscritti all’albo degli avvocati. A tale proposito il Garante ha osservato che i motivi alla base della pubblicità degli albi ricorrono anche per i provvedimenti che comportano la sospensione o l’interruzione dell’esercizio della professione, i quali per loro natura devono considerarsi soggetti ad un regime di ampia pubblicità. I provvedimenti disciplinari dei Consigli dell’Ordine e del Consiglio Nazionale Forense (CNF) – di cui è prevista la pubblicazione mediante deposito nei rispettivi uffici di segreteria – si configurano, quindi, quali atti pubblici conoscibili da parte di altri professionisti e di terzi. Rispetto a tale regime di conoscibilità dei provvedimenti disciplinari, che si fonda su rilevanti motivi di interesse pubblico connessi anche a ragioni di giustizia e al regolare svolgimento dei procedimenti giudiziari, non può ritenersi prevalente l’interesse alla riservatezza del singolo professionista. La conoscibilità delle informazioni relative ai provvedimenti disciplinari rende quindi lecita la loro divulgabilità, anche tramite eventuali riviste, notiziari o altre pubblicazioni curati dai Consigli dell’Ordine purché i dati siano esatti ed aggiornati nonché riportati in termini di sostanziale correttezza. La pubblicazione di queste riviste, ha spiegato il Garante, da parte di soggetti pubblici ricade peraltro nell’ampia nozione di trattamento dei dati personali finalizzato alla pubblicazione o diffusione occasionale di articoli, saggi o altre manifestazioni del pensiero, trattamento cui si applica la disciplina prevista in generale per l’attività giornalistica e di informazione, a prescindere dalla natura privata o pubblica del soggetto che cura la pubblicazione (Newsletter del Garante, 9 – 15 aprile 2001)
e) Avvocato sospeso dalla professione? La notizia non è riservata
La notizia dell’esistenza di una grave sanzione disciplinare applicata da un Ordine professionale non è “segreta” e il cittadino può conoscerla. Non viola la privacy dell’avvocato inserire nella rivista del Consiglio dell’Ordine la notizia dell’esistenza di un provvedimento di sospensione o di radiazione dall’esercizio professionale, purché i dati siano esatti e completi. Ribadendo un principio già affermato in un caso analogo, il Garante non ha accolto il ricorso di un avvocato che ipotizzava una violazione della legge sulla protezione dei dati personali ritenendo che la sanzione di sospensione di sei mesi dall’esercizio della professione, applicata nei suoi confronti e menzionata nel foglio aggiuntivo dell’Albo inserito in due numeri della rivista, fosse venuta a conoscenza di lettori e iscritti anche oltre il termine di esecuzione del provvedimento. L’avvocato lamentava, in particolare, che il numero della rivista trimestrale nel quale era inserito il provvedimento interdittivo adottato nei suoi confronti, fosse giunto agli iscritti quando il periodo di sospensione dall’attività si era esaurito e l’interessato aveva già ripreso ad esercitare. Chiedeva pertanto al Consiglio dell’ordine, a titolo di rettifica, una pubblicazione straordinaria da inviare a tutti gli iscritti, nella quale comunicare che l’inserimento del suo nominativo in tale numero era dovuto ad un errore. Di fronte alla risposta dell’Ordine ritenuta insoddisfacente, l’avvocato interessato si rivolgeva al Garante. Nel riconoscere che nell’operato del Consiglio dell’Ordine non risultavano profili illeciti, l’Autorità ha richiamato alcuni principi alla base della pubblicità di alcune sanzioni disciplinari. La legge sulla privacy non ha modificato — ha affermato infatti il Garante – la disciplina legislativa relativa agli albi professionali, che per loro stessa natura sono destinati ad un regime di pubblicità, anche in funzione della tutela dei diritti di coloro che a vario titolo hanno rapporti con gli iscritti all’albo.
Le norme che regolano i vari albi permettono ai diversi ordini professionali, secondo le diverse modalità previste nei singoli casi, di comunicare e diffondere a soggetti pubblici e privati i dati personali contenuti nei rispettivi albi, compresi quelli contenuti nei provvedimenti di sospensione o interruzione dell’esercizio della professione. Nel caso degli avvocati vi erano anche rilevanti motivi di interesse pubblico connessi a ragioni di giustizia e al regolare svolgimento dei procedimenti in ambito giudiziario, riconosciuti esistenti sia alla data di pubblicazione della rivista, sia nel breve periodo successivo entro il quale la rivista è stata inviata per posta. Per quanto riguarda infine il trattamento dei dati personali dell’avvocato contenuti nella rivista edita dal Consiglio dell’ordine, questi sono risultati esatti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono stati trattati (Newsletter del Garante 17 – 23 febbraio 2003).
f) Albi professionali e sanzioni disciplinari/Non viola la privacy dare notizia anche on line dell’esistenza di un provvedimento disciplinare
Non viola la privacy dare notizia dell’esistenza di un provvedimento disciplinare adottato nei confronti di professionisti, notai, avvocati, ingegneri. Ordini e collegi professionali possono affiggere nell’albo e pubblicare sulle loro riviste sia cartacee, sia on line le sanzioni disposte nei confronti dei loro iscritti e darne comunicazione ad amministrazioni pubbliche o a privati che lo richiedano. I principi, già stabiliti dal Garante in precedenti provvedimenti, sono stati ribaditi nei pareri resi al Consiglio nazionale degli ingegneri e a un consiglio notarile provinciale. I due ordini si erano rivolti al Garante per ottenere chiarimenti sulla divulgazione delle sanzioni disciplinari, dopo che loro iscritti ne avevano contestavano la legittimità, in un caso la sanzione era stata diffusa in Internet, lamentando anche possibili danni professionali. Già nei provvedimenti riferiti alla professione forense e a quella di geometra, ma contenenti principi validi anche per altre professioni, il Garante aveva ritenuto legittima la divulgazione del provvedimento del consiglio dell’ordine che disponga la sospensione dalla professione e ciò a fini di tutela dei terzi. Questa impostazione è ora confermata dall’articolo 61 del Codice in materia di protezione dei dati personali il quale sancisce espressamente che nelle comunicazioni a soggetti pubblici o privati, o in sede di diffusione, anche on line, di dati inseriti nell’albo professionale, può anche essere “menzionata l’esistenza di provvedimenti che dispongono la sospensione o che incidono sull’esercizio della professione”. La disciplina sulla privacy, non ha quindi modificato la ratio della normativa relativa agli albi professionali che, per loro stessa natura, sono destinati ad un regime di pubblicità, anche in funzione della tutela dei diritti di coloro che a vario titolo hanno rapporti con gli iscritti all’albo. Con l’entrata in vigore del nuovo Codice, inoltre, ordini e collegi professionali, su richiesta dell’iscritto, possono integrare i dati riportati sugli albi con ulteriori informazioni, purché pertinenti all’attività svolta. (Newsletter del Garante n. 225 del 6-12 settembre 2004).
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L’informazione di garanzia (detta anche avviso di garanzia) è un istituto previsto dall’art. 369 del Codice di Procedura Penale italiano attraverso il quale una persona viene avvertita di essere sottoposta a indagini preliminari, ossia di quella fase processuale in cui si raccolgono elementi utili alla formulazione di una imputazione.
La definizione deriva dal fatto che tale informazione garantisce alla persona cui viene spedita dal pubblico ministero (“in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno”) la possibilità di essere assistita da un proprio difensore di fiducia, e contiene un invito ad esercitare tale facoltà. L’informazione indica inoltre le norme che si intendono violate e la data e il luogo di tale violazione.
Nella prassi, è sottointeso un diritto dell’accusato e del suo difensore ad apprendere in prima persona dei capi d’accusa o delle ipotesi di reato a suo carico, e non a mezzo stampa, ovvero che la notizia debba essere prima comunicata al diretto interessato ed eventualmente in un secondo momento resa di pubblico dominio.
Estratto da “http://it.wikipedia.org/wiki/Informazione_di_garanzia”
Milano, 20 gennaio 2008