“Jefferson Ming e l’arte del sorpasso” è il titolo di una trasmissione di Radio 24, condotta da Stefano Pistolini, che mette a confronto i due colossi mondiali Cina e Stati Uniti in tutti gli aspetti della loro cultura, della loro politica, della loro economia e del loro “way of life”. Il titolo, volutamente, mette in contrasto due nomi, “Jefferson” e “Ming”, l’uno con radici statunitensi, l’altro cinesi. E l’arte del sorpasso, poi, tratteggia il cammino che sta spingendo il colosso cinese a superare, in termini prima di tutto economici, quello americano. Con indubbie ripercussioni sugli equilibri mondiali.
L’arte del sorpasso si è concretizzata, negli ultimi dodici mesi, in riferimento ad internet ed ai suoi utenti. Già, perché, per la prima la prima volta da quando nel 1969 iniziò a muovere i primi passi il network creato e voluto dal Dipartimento americano della Difesa, gli USA non avevano mai perso la leadership nella rete. Precursori di ogni trend o tecnologia, gli States avevano sempre vantato il maggior numero di utenti collegati al world wide web, simbolo di libertà d’espressione e libera circolazione delle informazioni. Il 2007 ha rappresentato, secondo i dati diffusi dai ricercatori dell’istituto BDA China, l’anno dello storico sorpasso da parte della Repubblica Popolare Cinese: 220 milioni di internauti contro 217 milioni, con prospettive d’incremento più alte nel colosso asiatico che in quello americano, con il primo che dovrebbe raggiungere i 280 milioni di utenti entro la fine del 2008. Oltre che chiaramente culturali, le motivazioni di questo passaggio di consegne sono certamente tecnologiche. Lo sviluppo della banda larga (utilizzata, ad oggi, da 160 milioni di cinesi), la diffusione degli internet cafè praticamente in tutti i centri urbani cinesi, anche medio-piccoli, hanno contribuito a strappare il primato americano, nonostante molte zone rurali, dove vive poi la gran parte della popolazione, siano quasi completamente sprovviste di collegamenti: circa i tre quarti degli utenti internet, infatti, risiedono in una zona pari a poco meno d’uno quarto del territorio cinese.
Su questi dati, però, grava come un macigno la questione della censura. Se è vero, infatti, che gli internauti cinesi sono più di quelli americani, è altrettanto vero che i siti che essi possono visitare sono in numero nettamente minore. La rete rappresenta in Cina l’unica parvenza di libertà, considerando che tutti gli altri media sono filogovernativi e soggetti ad una censura rigidissima. Questa, in realtà, subisce la censura di gran parte dei siti dei grandi network internazionali, è vittima degli accordi restrittivi che il governo cinese stringe con i grandi operatori mondiali del web (vedi Yahoo! e Google) e, dallo scorso gennaio, ha subito una mazzata fortissima: il governo ha annunciato che solo soggetti istituzionali o controllati dal governo potranno in futuro creare e gestire siti con materiali audio e video. La ragione? Proteggere i cittadini da siti ritenuti “pericolosi” per il quieto vivere o “immorali” per le leggi del socialismo (cfr.www.newslinet.it/shownews.php?nid=3749&h=cina).
Per concludere, il gap tra i due Paesi, dopo l’avvenuto soprasso, è destinato a crescere, ma resta davanti agli occhi del mondo la mancanza totale di libertà della rete cinese, che rende questo importante risultato una vittoria mutilata. Il premier cinese Hu Jintau ha, inoltre, recentemente dichiarato che occorre “purificare” ulteriormente il web cinese. Sempre per il bene degli utenti. Dopo i terribili fatti del Tibet, la Cina procede, a vele spiegate, verso Pechino 2008. Col colpevole silenzio della comunità internazionale e dell’Onu. (Giuseppe Colucci per NL)