Mentre l’Italia ancora non ha fissato una data per il recepimento del cosiddetto “Telecom Package”, il pacchetto delle nuove direttive europee destinate a cambiare il quadro regolatorio delle comunicazioni elettroniche, l’ultimo rapporto della Commissione Europea sullo stato di attuazione della Digital Agenda fotografa la situazione della rete a larga banda e dell’uso dei servizi internet nel nostro paese.
L’immagine che ne esce presenta lati positivi e negativi, suggerendo spunti interessanti di riflessione sulle politiche italiane per la rete. Innanzitutto una conferma: l’Italia è il paese dove le reti di comunicazione in mobilità sono più sviluppate e diffuse. Gli indicatori relativi alla penetrazione della banda larga mobile di terza generazione (UMTS) e alla relativa copertura sono tra i pochi dove il nostro paese supera la media europea, con un trend molto positivo soprattutto negli ultimi due anni. Paradossalmente però la percentuale di popolazione che accede a internet tramite la rete 3G non è cresciuta in maniera altrettanto esponenziale, anzi sta al 5,2% contro il 7,4% dell’Europa, a fronte di una crescita della rete che negli altri paesi è stata molto meno impetuosa. Il che potrebbe far pensare che in Italia l’uso di smartphone, tablet e altri dispositivi mobili “intelligenti” sia più legato alla moda, che ne ha fatto oggetti del desiderio e status-symbol, piuttosto che alla reale necessità di essere connessi sempre e dovunque. Del resto il fatto che la rete non sia ancora in cima ai pensieri degli italiani è confermato anche dal dato relativo alla percentuale di popolazione che non ha mai avuto accesso a internet: ben il 41%. Altri dati la cui comparazione evidenzia una certa contraddittorietà sono ad esempio quelli relativi ai servizi di base di e-government disponibili online (in cui l’Italia ha fatto un balzo di qualità notevole passando dal 55,6% del 2009 al 100% del 2010) raffrontati con la percentuale di popolazione che fa uso degli stessi servizi, che non si scolla da valori intorno al 16-17% dal 2006 ad oggi. Addirittura la percentuale di utilizzo rispetto agli utenti internet risulta essere scesa negli ultimi anni. Qui sarebbe interessante riflettere sulla qualità e accessibilità dei servizi offerti, o magari sull’opportunità di investire nell’alfabetizzazione telematica dei cittadini prima di correre a farsi vedere sul web. Note dolenti infine sulla penetrazione della vera larga banda, ovvero quella di rete fissa: siamo ben sotto alla media europea, con ancora il 12,8% della popolazione che non ha accesso ad un collegamento broadband. Gli investimenti (peraltro finora solo annunciati) si starebbero spostando sulle reti di nuova generazione, la cosiddetta ultra-larga banda (ovvero fibra ottica), riservata però alle zone urbane ad alto profitto e a supportare il sempre crescente traffico dati delle stazioni radio base 3G. Un’espansione insomma dettata da regole di mercato, che in assenza di interventi pubblici rischia di creare un ulteriore scalino nel digital divide prima ancora di aver portato a tutti i cittadini il livello minimo di banda necessario per poter usufruire degli attuali servizi internet. Non a caso il rapporto della Commissione evidenzia i recenti tagli di spesa pubblica che hanno colpito il settore, nonché l’assenza di una Digital Agenda nazionale: in mancanza di obiettivi di lungo periodo e politiche di sviluppo definite, governo e autorità di regolazione si muovono a vista, tra ritardi e incertezze che di certo non favoriscono la competitività del nostro paese nello scenario delle comunicazioni digitali. (E.D. per NL)