Lo aveva detto ieri sera, al termine della trasmissione, Michele Santoro (foto): “Ci vediamo giovedì prossimo…se Dio vuole”. E già, perché, a giudicare dai presupposti, il conduttore ben sapeva che la giornata di oggi si sarebbe trasformata, per lui, in un venerdì di passione.
Nemmeno il tempo d’accendere una radio o una televisione che, stamattina, il malcapitato fruitore s’è visto assalito dalle dure critiche, dai feroci attacchi, dalle subdole minacce, rivolte nei confronti di Santoro e del suo “Annozero”, da parte del ministro Clemente Mastella e del premier Romano Prodi. Nemmeno il tempo di comprendere di cosa si trattasse, perché quegli uomini di governo ce l’avessero tanto col conduttore, che immediatamente il malcapitato si ritrovava ad ascoltare epiteti e giudizi gratuiti come, ad esempio, “Ku Klux Klan dell’informazione”, “programma né serio né appropriato”, “trasmissione cui il CdA della Rai dovrebbe impedire d’andare in onda in quella forma”, ecc. Il povero ascoltatore, o telespettatore, a questo punto, stordito da questa serie d’affermazioni, si sarà chiesto: cosa avrà mai fatto Santoro di così terribile da incorrere in critiche di tale durezza? La totale libertà informativa sbandierata da Prodi, il suo fermo principio di favorire ogni tipo d’espressione sulle reti statali è ancora valido o siamo tornati indietro di qualche anno?
Ieri sera, come annunciato, la puntata di “Annozero” era dedicata alla decisione di Mastella, risalente allo scorso 21 settembre, di trasferire il pm, Luigi De Magistris, reo, a suo dire, d’aver condotto alcune indagini incorrendo in difetti procedurali. Nulla di più legittimo, se gli avvenimenti dei giorni successivi non avessero adombrato la posizione del Ministro e reso piuttosto ambigua la sua mossa.
Ieri Santoro, con un Travaglio in versione censurata (voleva, a nostro avviso, dire molte più cose sull’argomento di quanto il filo cui era appeso il futuro della trasmissione gli abbia consentito di dire in diretta, in prima serata, sulla tv pubblica), aveva tentato di spiegare, nel consueto stile tagliente ed irriverente, quali fossero gli antefatti della tanto criticata proposta di trasferimento, quali fossero le inchieste che De Magistris aveva in corso, quale fosse l’opinione del popolo della Calabria, delle sue istituzioni (il Consiglio regionale calabrese “vanta” il record mondiale del 70% dei suoi componenti indagati), di alcuni protagonisti dell’inchiesta e di altre voci autorevoli, come il pm del Tribunale di Milano, Clementina Forleo. Chiunque abbia preso visione della puntata può certamente formulare un proprio, personale, giudizio su come sia stata gestita, su come, al contrario della totalità (senza eccezioni, almeno in tv) dell’informazione italiana (con il Tg1 di Riotta in testa) abbia, in realtà, glissato su quelle che erano le questioni basilari e su come, al solito, abbia infarcito le proprie pagine e i propri servizi, dei soliti deprimenti e snervanti commenti “prestampati” dei politici. Già, chiunque ha visto la trasmissione di ieri, certamente ne sa molto di più sull’argomento rispetto a quanto due settimane d’informazione giornaliera non qualificata fosse riuscita a far capire loro. Prodi, purtroppo, sempre più ostaggio del suo stesso esecutivo, la puntata non l’ha vista. S’è, però, permesso inopportunamente lo stesso di esprimere giudizi di merito, assolutamente ostili, nei confronti della conduzione: “Ho letto i resoconti sulla trasmissione “Annozero”. Mi sembra che non vi si possa riscontrare nulla della serietà, della professionalità e dell’appropriatezza che dovrebbe avere una trasmissione che riguarda la giustizia”. Non ha spiegato, però, il premier, chi avesse redatto per lui questi fantomatici “resoconti”. Probabilmente lo stesso Mastella, all’apice del suo risentimento personale verso Santoro, Vauro, Travaglio e compagnia cantando.
Il giudizio di Prodi, comunque, suona come una dura condanna contro la gestione troppo poco “politically correct” di “Annozero”. Condanna che cozza in maniera stridente con i suoi proclami in favore della libertà espressiva in Rai, con le sue critiche demagogiche nei confronti della scarsa libertà d’espressione ai tempi di Berlusconi “padrone” sia della Rai che di Mediaset. Questo diceva Prodi poco più d’un anno fa, mentre oggi bacchetta Santoro per aver offeso il “compagno” Mastella, senza aver visto nemmeno un minuto della puntata incriminata: una cosa pazzesca.
Il ministro della Giustizia, al contrario, le promesse che fa le mantiene: aveva preannunciato battaglia se il CdA Rai avesse permesso l’andata in onda di “Annozero” con gli attacchi nei suoi confronti (per la verità, non così cattivi e diretti com’egli sostiene) e così è stato. Una nuova Bulgaria, promette Mastella: basta Santoro, basta attacchi ai politici; si stava così bene con Berlusconi. “Ku Klux Klan dell’informazione”, questo Mastella ha detto (perché i politici affermazioni infamanti e patetiche del genere possono farle, i giornalisti seri no, altrimenti si viene additati come “antipolitica”, seguaci del “populista” Grillo, e via dicendo) circa la macchina informativa messa in piedi ieri sera da Santoro ed i suoi autori: due piazze gremite, in diretta, con il conduttore a fare spola e Beatrice Borromeo nelle inedite vesti (promossa a pieni voti) d’inviata fuori dallo studio; ospiti bipartisan, il pm di Milano Clementina Forleo; Marco Travaglio più mansueto del solito (lettera di Licio Gelli finale a parte) per tentare d’evitare, o anche solo di rimandare, il tentativo di golpe informativo nei confronti della “Banda Santoro”. Tutto questo era “Ku Klux Klan dell’informazione” e Mastella, su tutte le furie ormai da una settimana (dovunque vada c’è qualcuno che lo attacca: “E’ in atto un linciaggio permanente verso di me”, sostiene, probabilmente a ragione), ha mantenuto ciò che aveva promesso: “O il consiglio dà regole di comportamento che valgono per tutti, o attiveremo strumenti parlamentari per sfiduciare questo consiglio di amministrazione”. Minacce che il Ministro può gratuitamente permettersi, senza che nessuno s’indigni, e allora prosegue: “Se fosse una tv di Berlusconi… voi parlate di Fede, ma Fede è su un canale privato. Andare in dieci contro uno, contro il povero Scotti (il sottosegretario alla Giustizia presente ieri sera in studio, ndr) non è buon giornalismo”. E, dopo la nota nostalgica della serie “quando c’era Berlusconi…”, ha chiuso, alla faccia del tanto disprezzato populismo grilliano: “Si pensi a quei sette milioni e mezzo di poveri che, al contrario della signorina Beatrice Borromeo, non hanno famiglie che possiedono ville sul lago”. Insomma, un putpurrì d’affermazioni, attacchi e contrattacchi che, come sempre nell’informazione italiana (e come, purtroppo, è difficile esimersi dal fare), occupano pagine e pagine di giornali, minuti e minuti dei tg, lasciando le briciole agli avvenimenti veri e propri.
Santoro, infine, sconsolato e conciliante, oggi ha ribadito: “Mi auguro che prima di criticare una trasmissione, la si veda. Comunque ci sta anche questo, ci stanno le critiche”, rivolto a Prodi. E poi: “I politici possono parlare in qualunque momento, dire la loro, perchè sono osannati dai media. Accetto gli insulti, le critiche, tutto: l’unica cosa che non accetto è il vittimismo, che onestamente mi sembra eccessivo”. Arrivederci a giovedì prossimo, allora, con l’ormai solito venerdì di passione. Se Dio vuole… (Giuseppe Colucci per NL)