La tutela dei consumatori nei contratti via internet secondo la Corte di giustizia delle Comunità europee

L’interpretazione dell’art. 5 n. 1 lett. c) della direttiva 200/31/Ce in materia di obblighi di informazione nel commercio elettronico. Il prestatore di servizi non può indicare solo l’indirizzo e-mail.
 
Secondo quanto stabilito nella sentenza 16 ottobre 2008 – Causa C-298/07 – della Corte di giustizia delle Comunità europee, una compagnia di assicurazione che fornisce servizi solo tramite internet deve, in applicazione del disposto di cui all’art. 5 della Direttiva n. 200/31/Ce, consentire una comunicazione rapida, efficace e senza intermediari con il consumatore-cliente, sin dalla fase antecedente alla conclusione del contratto. Il prestatore di servizi su internet inoltre, nel caso in cui il cliente, dopo un primo contatto, non sia in grado di avvalersi di internet, deve sempre prevedere un mezzo di informazione non elettronico, quale appunto può essere l’uso di una linea telefonica. La domanda sottoposta alla Corte di Giustizia riguarda fondamentalmente l’interpretazione dell’art. 5, n. 1, lett. c), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, n. 2000/31/CE, con particolare riferimento al commercio elettronico nel mercato interno. Il nocciolo della questione è stato quindi stabilire se un prestatore di servizi, operante esclusivamente tramite internet, debba obbligatoriamente comunicare ai clienti il suo numero di telefono anche prima della conclusione di un contratto. La federazione tedesca delle associazioni dei consumatori, Bundesverband, si era rivolta al tribunale regionale di Dortmund chiedendo che una compagnia di assicurazioni di autoveicoli DIV (ovvero Deutsche Internet Versicherung AG), che forniva servizi esclusivamente via internet, fosse costretta a indicare, oltre al suo indirizzo postale e quello di posta elettronica, anche il numero di telefono, trasmesso invece al cliente dalla compagnia solo dopo la conclusione del contratto. Il tribunale tedesco di primo grado aveva accolto il ricorso dell’associazione dei consumatori, ma il giudice di appello, per contro, l’aveva respinto. La Bundesgerichtshof, Corte di Cassazione tedesca, investita della questione su ricorso per “revision” da parte dell’associazione dei consumatori, prima di pronunciarsi, ha deciso di sospendere il procedimento formulando alcuni quesiti interpretativi sull’articolo 5 della richiamata direttiva investendo così della questione pregiudiziale la Corte di Giustizia delle Comunità europee. L’art. 5, n. 1 della direttiva prevede che “oltre agli altri obblighi di informazione previsti dal diritto comunitario, gli Stati membri provvedono affinché il prestatore renda facilmente accessibili in modo diretto e permanente ai destinatari del servizio e alle competenti autorità almeno le seguenti informazioni: a) il nome del prestatore; b)l’indirizzo geografico dove il prestatore è stabilito; c) gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lui, compreso l’indirizzo di posta elettronica; (…)”. La Corte, per dirimere la questione pregiudiziale sottopostale, ha puntato sull’interpretazione della lett. c) dell’art. 5, n. 1 della direttiva. Richiamati i principi giurisprudenziali secondo i quali l’ermeneutica di una norma di diritto comunitario deve tenere conto non soltanto del tenore letterale della norma, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa, la Corte ha individuato nella tutela degli interessi dei consumatori uno degli scopi della direttiva in esame. Tale tutela, secondo la Corte europea, deve essere assicurata in ogni fase dei contatti fra il prestatore di servizi ed il destinatario; in particolare deve sussistere durante la delicata fase della formazione del consenso posto a base della stipulazione del contratto, ossia nella fase precontrattuale delle trattative. La possibilità di contatto con il prestatore deve essere garantita e deve essere rapida, diretta ed efficace. Dalla dicitura “compreso l’indirizzo di posta elettronica”, contenuta nella lett. c) dell’art. 5, n. 1 della direttiva, si comprende che il legislatore comunitario ha inteso esigere dal prestatore di servizi che questi fornisca ai destinatari del servizio, oltre al suo indirizzo di posta elettronica, anche altre informazioni che consentano di raggiungere ugualmente la possibilità di un contatto diretto ed efficace. Ciò è anche confermato dal contesto dell’art. 5 della direttiva. Infatti alla lettera b), tra le informazioni che il prestatore di servizi è tenuto a rendere accessibili ai destinatari del servizio, figura anche il suo indirizzo geografico. È chiaro dunque che il legislatore comunitario non ha inteso limitare la possibilità di contatto con il prestatore del servizio al solo mezzo della posta elettronica, ma ha voluto offrire ai destinatari l’accesso anche ad un indirizzo postale tradizionale. Da tali argomentazioni la Corte ha ricavato che il soggetto che presta i servizi è tenuto ad fornire ai destinatari una via di comunicazione rapida, diretta ed efficace, supplementare rispetto al suo indirizzo di posta elettronica. La federazione tedesca delle associazioni dei consumatori (Bundesverband) ha sostenuto al riguardo che il prestatore di servizi debba essere tenuto ad indicare il suo numero di telefono, poiché solo il telefono è tale da rispondere alle esigenze di una comunicazione diretta ed efficace ai sensi della direttiva. Tale è stata anche l’opinione del governo italiano. Secondo la Corte europea, però, l’avverbio “direttamente”, contenuto nell’art. 5, n. 1, lett. c), “non implica necessariamente una comunicazione sotto forma di scambi di parole, cioè un vero e proprio dialogo, ma unicamente l’assenza di intermediari. Del resto, una comunicazione efficace non può significare che la risposta ad una richiesta di informazioni sia istantanea. Si deve, al contrario, considerare che una comunicazione è efficace se consente di ottenere informazioni adeguate entro un termine compatibile con le esigenze e le legittime aspettative del destinatario.” Dall’insieme di tali considerazioni il Giudice europeo arriva a concludere che il prestatore di servizi è tenuto, fin da prima di qualsiasi stipulazione di contratti, a fornire una via di comunicazione alternativa alla posta elettronica, ma questa via può anche ben essere diversa dall’indicazione di un numero telefonico. La sopra detta società tedesca di assicurazioni per autovetture (DIV) utilizza, come mezzo supplementare, una maschera di richiesta di informazioni elettroniche, tramite la quale l’utente può ottenere per posta elettronica le informazioni richieste. Tale mezzo supplementare è stato ritenuto idoneo da parte dei Giudici europei; tuttavia, in situazioni particolari in cui il destinatario si trovi, dopo i primi contatti per via elettronica, impossibilitato ad accedere al mezzo elettronico (un viaggio, una missione di lavoro etc..), l’uso della maschera elettronica non può più considerarsi efficace ai sensi della lettera c) del’art. 5 della direttiva. In tali situazioni dunque, su richiesta dell’interessato, il prestatore di servizi deve fornire a quest’ultimo l’accesso ad un mezzo non elettronico che gli consenta di mantenere una comunicazione efficace. La Corte di Giustizia non indica quale possa essere tale mezzo non elettronico alternativo, ma si comprende dal contenuto della motivazione della pronuncia che esso possa ben essere costituito da un numero telefonico. (D.A. per NL)
 
 

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