Miei cari e fedeli cittadini, vorrei informarvi brevemente su quanto accaduto la notte scorsa. Come sapete abbiamo iniziato le operazioni militari dopo che i separatisti ribelli in Sud Ossezia hanno bombardato Tamarasheni e altri villaggi sotto il nostro controllo.
Questo è l’inizio della dichiarazione di mobilitazione generale del presidente georgiano Saakashvili diffusa l’8 agosto alle ore 12,20 dal sito del governo di Tbilisi. Due giorni dopo, altro messaggio del presidente: “Il nostro paese sta vivendo i giorni di una prova decisiva…Come prima cosa voglio esprimere le mie condoglianze a quelle famiglie i cui membri sono morti a seguito dei barbari attacchi di questi giorni…Lunga vita alla Georgia e possa Dio salvare la nostra nazione e tutti noi».
Erano le 22.33 del 10 agosto. Dopo di allora il sito, scritto in cirillico e tradotto anche in inglese, è stato oscurato, sostituito dalla sigla “Dns – Domain Name Server non raggiungibile” ed ha poi funzionato a singhiozzo grazie a collegamenti che lo riprendevano da altre zone, specie dal Sud degli Stati Uniti. Ormai la guerra viaggia anche via Internet. Anzi possiamo dire che, se la tv, di fronte a eventi di interesse mondiale – dalle Olimpiadi al conflitto caucasico – è come il tam tam del villaggio globale che scuote il pianeta, Internet assume la funzione, più modesta ma forse più efficace, del passaparola. Il messaggio, messo in rete, viene raccolto non dalla massa, ma da singoli individui coinvolti nell’evento e quindi, se il numero degli utilizzatori è più piccolo, l’efficacia è ben maggiore, come quando si ha un rapporto diretto con una fonte in cui si ripone fiducia e che dà notizie e indirizzi ben circostanziati.
Non occorre però una guerra guerreggiata. Basta anche una competizione politica per mettere a confronto Davide-Internet con Golia-Televisione. È il caso delle elezioni americane. Dopo essersele suonate di santa ragione anche sul piccolo schermo, con la nomination di Obama è nato con Hillary l’abbraccio televisivo. Ma non è detto che sia stato trovato l’antidoto a tutti i veleni ormai messi in rete soprattutto attraverso una frenetica circolazione di e-mail. “Obama non ha un collegamento profondo con i valori fondamentali della cultura americana”. “Obama ha passato l’infanzia in Indonesia e l’adolescenza alle Haway”, mentre “Hillary è nata nel cuore dell’America”. “E’ impossibile che venga eletto un presidente non del tutto americano nel modo di pensare in un tempo di guerra come l’attuale”. Questi e tanti altri messaggi non cessano di circolare sui computer e rischiano di indebolire la posizione del ticket democratico (ma chi sarà il vicepresidente?) nei confronti del massiccio candidato repubblicano John McCain. Dalla Georgia agli Usa, se è un po’ azzardato dire che Internet può far vincere guerre ed elezioni, può certamente far perdere credibilità a qualcuna delle forze in campo.