Con un bacino di utenza di 240 milioni di lettori effettivi e altrettanti 360 milioni di cittadini alfabetizzati (che dovranno progressivamente – sperano gli editori – prendere l’abitudine a leggere), l’India conferma la sua posizione strategica per l’evoluzione e la crescita di alcune tra le più famose testate in lingua inglese. Il mercato in questione assume, ogni mese sempre di più, le caratteristiche di un ambiente nel quale la diffusione della carta stampata è un fenomeno di massa tale e quale a quello di un paese occidentale. Ne deriva l’ovvio interesse di Rupert Murdoch che, sulla base del fenomenale aumento delle tariffe pubblicitarie e dei lettori di questo paese, ha dichiarato l’intenzione di allargare l’utenza del suo gioiellino economico, il Wall Street Journal. Effettivamente in India, negli ultimi sei mesi, i costi della pubblicità sui quotidiani sono aumentati del 40% e i lettori stimati sono 12 milioni in più del semestre precedente (esattamente cinque volte il lettorato del Wsj), dati che aiuteranno il magnate australiano ad imporsi su quel mercato che già dovrebbe conoscere – Murdoch è proprietario del network Star Television, il più seguito in India – e che non spaventa nonostante le severe limitazioni riservate agli editori stranieri: ognuno di loro, in questo paese, può lanciare nuove testate senza investire più del 26% del capitale. Così Wsj e altre testate in lingua segneranno nel 2008 un boom di vendite, da considerare un picco di una corsa partita nel 2006 e che probabilmente consoliderà vincitori e sconfitti solo verso la fine del 2009. Non a caso è stata ribadita in patria la scelta del The Economist, che investirà ben 20 milioni di dollari sul campo indiano a partire dal prossimo febbraio. (Marco Menoncello per NL)