“Voglio vivere una vita da uomo qualunque”. Con queste parole si concludeva la lettera aperta che Vincenzo Santapaola (foto), detto “Enzo”, figlio del celebre boss “Nitto” Santapaola, ha inviato dal carcere al quotidiano catanese “La Sicilia” e che questi ha pubblicato lo scorso 9 ottobre. Dimenticando di ricordare chi è Enzo Santapaola, e perché non solo si trova in carcere, ma è soggetto al regime di 41 bis, il carcere duro riservato ai detenuti per reati di criminalità organizzata, terrorismo ed eversione.
Il numero del 9 ottobre de “La Sicilia” aveva riportato, dicevamo, una lettera aperta dal carcere in cui Santapaola Jr professava non solo la propria innocenza rispetto ai reati gravissimi di cui è accusato ma lamentava l’ingiusta detenzione in regime di 41 bis che, a suo dire, sarebbe un “41 bis ingiusto”. Il fatto era immediatamente balzato agli onori della cronaca come una possibile grave violazione deontologica che il quotidiano diretto da Mario Ciancio Sanfilippo avrebbe commesso. Questi si era subito difeso sostenendo che il Gip responsabile aveva dato il permesso alla pubblicazione della lettera, ma pochi giorni dopo, il 13 ottobre, lo stesso Gip aveva preso le distanze, negando d’aver concesso qualsiasi autorizzazione.
La pubblicazione della lettera ha destato non poche perplessità nel mondo dell’informazione. In primis, perché un detenuto in regime di 41 bis non potrebbe avere contatti di questo genere con il mondo esterno. E, in secondo luogo, perché la lettera è stata inspiegabilmente pubblicata senza il benché minimo richiamo alla cruenta biografia di Santapaola Jr, e senza una precisa spiegazione del perché una difesa senza contraddittorio di un boss sanguinario dovesse essere pubblicata su uno dei quotidiani più diffusi in Sicilia. Franco Abruzzo, presidente per 18 anni dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, docente di Diritto dell’informazione all’Università degli Studi di Milano Bicocca e uno dei massimi esperti in Italia delle regole della professione giornalistica, lo ha definito, in una breve intervista per il periodico telematico d’informazione “Step1”, “un fatto grave e senza precedenti”, perché, sostiene Abruzzo, il giornalismo “è informazione critica legata all’attualità. Se l’articolo 2 della legge 69/1963 sancisce il “diritto insopprimibile dei giornalisti alla libertà di informazione e di critica”, nondimeno esistono dei doveri che bisogna assolvere. L’obiettività non significa neutralità: il giornalista è un mediatore intellettuale tra i fatti e la pubblica opinione. Pertanto è tenuto a offrire una ricostruzione dei fatti e a inquadrare i protagonisti dei fatti”. Nel caso specifico, “era preciso dovere del quotidiano precisare chi fosse il mittente della missiva. […]Non si discute il diritto e il potere del direttore de “La Sicilia” di pubblicare la lettera di Vincenzo Santapaola. Il problema è un altro: i lettori del quotidiano avevano e hanno il diritto di conoscere la biografia dell’estensore della lettera”. Dal momento che “La Sicilia” ha “dimenticato” di citarne la biografia, proviamo noi a fare una breve carrellata sulla “carriera” di quest’ “uomo qualunque” che è Vincenzo Santapaola. “Enzo” è il figlio primogenito del boss capomafia Benedetto, detto “Nitto”, Santapaola. Arrestato per la prima volta nel dicembre del 1992, assieme al fratello minore Francesco, e scarcerato per ordine del Tribunale del riesame, Enzo è stato arrestato nuovamente appena un anno dopo, destinatario di un ordine di arresto per l’operazione ‘Orsa maggiore’. Resosi irreperibile, fu catturato il 14 gennaio 1994 e rimesso in libertà tre anni più tardi. Arrestato nuovamente nell’agosto 1999 nel quadro dell’inchiesta “Orione 2”, indagine che fece luce sui contrasti interni a Cosa nostra che provocarono la sanguinosa lotta tra i “falchi” Corleonesi e le “colombe” guidate da “Nitto” Santapaola. Nuovamente in libertà, fu arrestato un’altra volta nel 2006, scarcerato e riarrestato. Vanta anche un’assoluzione nel processo per l’omicidio del giornalista Giuseppe Fava, padre dell’europarlamentare del Pd, Claudio Fava, che in questi giorni ha espresso tutta la sua disapprovazione per la pubblicazione della lettera.
Questo è Vincenzo Santapaola. Ora, è giusto pubblicarne l’arringa difensiva senza un contraddittorio e senza il minimo accenno alla sua biografia? Secondo Abruzzo, il Consiglio dell’Ordine regionale dei giornalisti ha il dovere di prendere dei provvedimenti nei confronti del quotidiano responsabile della pubblicazione. “Il giudice disciplinare amministrativo è l’Ordine regionale – dice Abruzzo – I Consigli dell’Ordine sono chiamati dalla legge professionale e dalle sentenze della Corte costituzionale a vigilare sulla condotta degli iscritti e anche sulle condotte omissive degli iscritti, che, con i loro “omissis”, minano i principi della buona fede e della lealtà verso i lettori nonché il rapporto di fiducia che deve esistere tra stampa e cittadini”. Qualora questo non accadesse? “Il Consiglio nazionale è giudice disciplinare amministrativo d’appello. In caso di inerzia, il Consiglio nazionale, informato, potrebbe decidere di affidare il procedimento a un altro Consiglio regionale”. Ma, nel frattempo, il diritto dei cittadini ad un’informazione completa e non tendenziosa, è già stato ampiamente calpestato. (Giuseppe Colucci per NL)