“Quello delle telecomunicazioni è un mercato che necessita di maggiore apertura, che deve superare due strozzature storiche, pubblicità e frequenze, e che richiede un nuovo quadro di regole per il passaggio alla tv digitale, garantendo il mercato sia per quel che riguarda il digitale terrestre sia la nascente banda larga”. E’ quanto ha affermato ieri il Ministro per le Telecomunicazioni, Gentiloni, nella conferenza stampa seguita all’approvazione unanime del Consiglio dei Ministri del suo disegno di legge sulla riforma della legge Gasparri. La riforma sembra considerare il broadband una delle risorse fondamentali su cui fondare la riforma stessa accogliendo in pieno il parere espresso sempre ieri al Senato da Viviane Reding, Commissario europeo per la società dell’informazione e dei media:” “La copertura della banda larga”, ha evidenziato la Reding, “è pari all’87%, vale a dire una percentuale molto più bassa della media dell’Unione europea ed ovviamente inadeguata per lo sviluppo di applicazioni avanzate”. All’attenzione del commissario, la concentrazione dell’accesso al broadband nelle aree urbane, in contrasto con una copertura inferiore alla media nelle zone rurali (44% contro 65%). L’Italia resta pertanto al di sotto della media dell’Europa dei 15, il cui tasso di penetrazione è superiore al 16% (mentre nella nostra penisola non si supera il 13,2%). Nuovi scenari, dunque, che consentono l’agognata metamorfosi in media company a cui aspirano aziende come Telecom Italia e Fastweb, che hanno già mosso i primi passi in questa direzione. E’ proprio di questi giorni la notizia dell’accordo concluso fra Sky Italia e Fastweb, secondo cui l’intera offerta televisiva di Sky sarà distribuita attraverso la piattaforma IPTV dell’azienda di Stefano Parisi, a partire dal prossimo anno. Sempre di questi giorni, il lancio dell’offerta “Tutto incluso” di Telecom Italia, che prevede un canone mensile unico a fronte di vari servizi tra cui l’IPTV. La riforma riguarda anche il DDT, prevedendo la conversione definitiva dall’analogico al digitale entro il 2012, mentre i gruppi con più di due canali nazionali dovranno, entro 15 mesi dall’approvazione definitiva della riforma, trasferirne uno sul DDT, senza più poter fare trading delle frequenze per le reti digitali. È stato inoltre definito e disciplinato “il diritto d’accesso all’infrastruttura a banda larga a tutti i soggetti titolari di un’autorizzazione generale per servizi televisivi lineari”. Con il passaggio definitivo dalla trasmissione analogica a quella digitale, spiega Gentiloni, gli operatori del sistema tv dovranno attenersi a regole che “fissano la separazione societaria e non proprietaria tra fornitori di contenuti e operatori di rete. Ciascun operatore non potrà vere più del 20% della capacità di trasmissione che sul digitale significa avere 10-12 canali nazionali”. “In sostanza” ha spiegato il ministro Gentiloni “la riforma ha come obiettivo la moltiplicazione dell’offerta televisiva, condizione per il raggiungimento di un maggior pluralismo e una miglior qualità”. E il premier Romano Prodi non ha dubbi: “È un provvedimento di liberalizzazione che soddisfa le esigenze di concorrenza e pluralismo del mondo radiotelevisivo italiano”. Un provvedimento positivo perché “pone rimedio a un vulnus non solo tecnico ma anche giuridico, rilevato sia dall’Autorità garante per le Tlc sia dalla Corte Costituzionale”. (TL per NL)