La tv pubblica e’ in stallo strategico. Da qui al 2012 la Rai deve trovare 300 milioni da investire per non perdere il treno delle nuove tecnologie.
Da un’inchiesta de ‘La Repubblica’ emerge che oltre 200 milioni di entrate pubblicitarie sono andati in fumo nel 2009 e altri 52 milioni di ricavi l’anno sono stati cancellati con l’addio a Sky, piu’ 4 milioni in spot gia’ persi in queste settimane. Il bilancio 2009 chiudera’ con una perdita sensibile (di 45 milioni) grazie solo a una sforbiciata ai costi (100 milioni) e a un po’ di cosmesi finanziaria. Il 2010 andra’ ancora peggio. E il rischio di una lenta eutanasia finanziaria risulta ormai chiaro persino ai vertici di Viale Mazzini. "Senza interventi sul canone lo squilibrio economico sara’ tale da compromettere in tempi brevi la continuita’ aziendale", ha scritto il d.g. della Rai, Mauro Masi, nella lettera riservata inviata a fine 2009 ai ministri dell’Economia Giulio Tremonti, dello Sviluppo Economico Claudio Scajola e al presidente dell’Autorita’ per le Comunicazioni Corrado Calabro’. Il rischio a medio termine – scrive Masi nella missiva – e’ chiaro: "un ruolo sempre piu’ marginale nel nuovo contesto digitale" condito "da un ridimensionamento dell’offerta generalista gratuita e dalla dismissione di asset industriali con riflessi occupazionali". Il quadro e’ nero. E il paradosso tutto italiano e’ sempre lo stesso: il destino (e il vertice) della Rai e’ in mano a un governo guidato dal socio di riferimento del suo principale concorrente. Tra i nodi citati nell’inchiesta figura quello dei costi. La Rai costa molto piu’ dei concorrenti privati, anche per gli obblighi legati al servizio pubblico, come il network di sedi regionali. Viale Mazzini ha 13.366 dipendenti (la meta’ della Bbc e della tv statale tedesca Ard) tra cui 2.006 giornalisti – il quadruplo di Mediaset e sette volte quelli di Sky – 345 dirigenti, 128 orchestrali e coristi e persino 12 medici ambulatoriali. Ogni lavoratore Rai, secondo i calcoli degli analisti di R&S Mediobanca, costa 89.000 euro (81.000 quelli del Biscione, 50.000 da Murdoch) ma produce "solo" 278.000 euro di fatturato contro i 659.000 degli uomini di Cologno e 673.000 da Murdoch. Su 100 euro incassati da viale Mazzini, 32,3 servono per pagare gli stipendi, contro i 12,3 di Mediaset e i 7,4 di Sky. Piu’ costi, naturalmente, si traducono in meno utili. Il margine operativo netto della societa’ guidata da Mauro Masi e’ di 2,1 euro ogni 100 di entrate. I network di Berlusconi (24 euro su 100 di utili) e quelli del tycoon australiano (11,1) fanno molto meglio. (MF Dow Jones)