Tra il terzo trimestre 2017 (13/07/2017–09/10/2017) ed il terzo trimestre 2018 (26/06/2018-08/10/2018), la Radio, come mezzo di comunicazione di massa, ha perso 800.000 ascolti. Lo dichiarano (indirettamente) gli stessi editori radiofonici attraverso la società da loro partecipata per le rilevazioni degli ascolti, il Tavolo Editori Radio (TER).
E’ la conferma di un trend che preoccupa (o dovrebbe preoccupare): già nella precedente sessione (semestrale) era stato certificato un calo di 900.000 ascolti.
In realtà, l’ascolto del medium nei 7 giorni migliora: “il che fa presumere che il seguito della radio, più che in calo reale, avvenga in modalità più sporadica nell’arco della settimana. Dai 43.556.000 dell’anno scorso si è passati ai 43.923.000 di quest’anno”, osserva correttamente il collega Nicola Franceschini su FM World.
Sta di fatto che la tendenza conferma le rilevazioni del Censis rese note ad ottobre 2018, che aveva messo nero su bianco una certa disaffezione verso la Radio.
Anche se, probabilmente, per comprendere il dato a fondo occorrerebbe far riferimento allo spaccato dell’ascolto per device (al quale abbiamo già dedicato attenzione su queste pagine).
Elaborando i valori in tali direzione, notiamo infatti che la Radio – a parte l’ormai consacrazione come mezzo per adulti – perde appeal soprattutto nell’indoor, mentre non solo “tiene”, ma anzi si rafforza nell’outdoor e segnatamente (anzi, pressoché esclusivamente) in automobile.
In altri termini, la Radio non è più ascoltata a casa e comunque all’interno delle mura, probabilmente per la concausa della scomparsa dei ricevitori FM, ma anche per cambiamenti delle abitudini.
Non è del resto un caso che nei locali pubblici delle grandi città se la musica non viene da televisori sintonizzati su una delle ormai molte visual radio DTT, essa è costituita da servizi di streaming on demand, come Spotify, con playlist personalizzate. In un certo senso, un’evoluzione del modello delle radio in store.