Il comunicato con cui il 16 gennaio Agcom annuncia la costituzione di un tavolo di lavoro per la radio digitale mi ha ispirato un giro di telefonate tra i miei contatti. Volevo vedere che cosa si sta muovendo nel campo della sperimentazione del digitale e soprattutto quello che si sta delineando sull’orizzonte della conversione di questi benedetti esperimenti in offerta vera e propria.
La prima tappa del mio viaggio di esplorazione è rappresentata da Giuseppe Allamano, che per conto di RAIWay è il coordinatore del gruppo Drm Italia. «Mi occupo in realtà delle relazioni tra RAIWay e il consorzio DRM,» mi dice Allamano raccontando che in passato aveva il ruolo di frequency manager delle onde corte della RAI, ormai tristemente abbandonate. «Oggi continuo a interessarmi di frequenze internazionali coordinando le attività di verifica delle attivazioni in banda FM nelle nazioni confinanti, dalla Slovenia alla Francia.»
Con Allamano volevo parlare da tempo perché qualche settimana fa si è tenuta al centro RAIWay di Monza una riunione di DRM Italia alla quale non avevo potuto prendere parte. Come sono andate le cose? La sperimentazione del DRM prosegue in Italia con l’attivazione della seconda frequenza, gli 846 kHz dell’impianto romano di Santa Palomba, ma che cosa si può dire della fruizione vera e propria di questo standard? «A Monza l’intervento di Paolo Ruffino di STM si era aperto con toni un po’ pessimistici, » riferisce Allamano. Secondo quanto spiegato da Ruffino l’attuale penuria di ricevitori DRM è dovuta alla scarsa domanda da parte dei costruttori di apparati, che non chiedono i chipset a chi sviluppa silicio. «STM negli USA ha l’80% del segmento dei componenti per ricevitori satellitari, un mercato da trenta milioni di pezzi. Per rientrare degli investimenti un chipmaker deve poter fornire come minimo 4 o 5 milioni di chip e la richiesta, per il DRM, non c’è.» Ciò nonostante STM prosegue nello sviluppo di un chip per il DRM e secondo le dichiarazioni di Ruffino nel corso del convegno di Monza, il gruppo italofrancese avrebbe già effettuato sostanziali investimenti. In effetti nel marzo scoro il gruppo di Agrate ha sottoscrito un accordo con l’Istituto Fraunhofer per lo sviluppo di un chip dedicato (ecco il link al comunicato)
Un altro segnale incoraggiante per i fautori del DRM arriva da un concorrente di STM, la Atmel. «Stefano Fasciani ha presentato a Monza una nuova soluzione ARM+DSP della famiglia Diopsis, il 940HF [qui il link alla documentazione relativa al predecessore Diopsis 740], un sistema di sviluppo compatibile con diversi standard. Per realizzare un ricevitore in grado di sostituire completamente il pc sarebbe sufficiente un semplice stadio di front end e l’amplificazione audio. Sono già stati effettuati dei test con il software Diorama e la soluzione è già stata validata per il DRM.» Oltre a Diopsis Atmel ha recentemente annunciato anche il front end multistandard ATR4262 ed è verosimile pensare che da questo abbinamento salti fuori qualche apparato.
Insomma, la sperimentazione DRM – «del resto siamo tenuti a sperimentare la radio digitale proprio in base al nostro contratto di servizio,» sottolinea Allamano – continuerà. Una delle imminenti novità riguarda l’attivazione di un content server centralizzato nella sede di via Teulada dal quale partiranno gli stream verso i due impianti di Siziano e Santa Palomba. Oggi le trasmissioni avvengono immettendo audio analogico nell’eccitatore DRM. La connessione per la trasmissione del flusso digitale sarà effettuata con ponti radio digitali. Verranno attivati anche nuovi contenuti testuali, oggi molto limitati.
E pare imminente anche l’avvio dei test in DRM sui 26 MHz in onde corte ancora una volta sulla città di Roma. «RAI Direzione Strategie Tecnologiche e Radio Vaticana,» spiega infatti Allamano, «hanno sottoscritto un accordo per cui i programmi verranno irradiati da un impianto nel territorio della Città del Vaticano mentre tutte le misure saranno effettuate da noi di RAIWay.» Secondo Allamano è difficile ipotizzare quale possa essere la futura evoluzione “commerciale” del DRM. «Questo standard viene espressamente citato nel documento Agcom che raccoglie gli esiti della consultazione sulla radio digitale effettuata nel 2006. Ma non sarà il sistema più importante, sicuramente si punta piuttosto su standard come il DMB. Il DRM a mio parere può essere un’ottima alternativa per integrare la copertura in onde medie nelle aree meno ubanizzate, fuori dalle grandi città. Ciò non toglie l’interesse che diversi componenti del gruppo DRM Italia stanno manifestando nei confronti dei test del DRM+ in Germania. Anzi, molto presto voglio recarmi da quelle parti per valutare meglio le opportunità,» conclude Allamano.
Il secondo contatto è con Fabio Carera, portavoce di Aeranti Corallo. Fabio mi dice che quella del tavolo sulla radio digitale è solo la formalizzazione di un iter già espressamente annunciato da Agcom nel novembre scorso con la pubblicazione dei dati sulla famosa consultazione. Al tavolo dovrebbero sedersi RAI, Ministero delle comunicazioni, Aeranti Corallo, RNA e forse FRT. E’ un passo inevitabile, sostiene il rappresentante di Aeranti perché la situazione legislativa e regolatoria della radio digitale in Italia è ferma a diversi anni fa, quando il DAB Eureka 147 sembrava l’unica strada. Ora il panorama è molto più variegato e bisogna modificare regolamenti – e, secondo Aeranti anche le leggi – dando spazio a una tecnologia nuova o, megli o ancora, a un principio di neutralità tecnologica che consenta di sfruttare al meglio le diverse alternative. Aeranti Corallo, asociazione che riunisce le realtà radiofoniche locali, era stata in passato molto scettica sul DAB e sulle sue scarse possibilità di accesso ai multiplex. Con due tecnologie come il DAB+ e il T-DMB le cose sono radicalmente cambiate e lo scorso anno Aeranti e RAIWay hanno annunciato un progetto di sperimentazione basata sull’infrastruttura RAIWay. «Possibilmente entro aprile dovrebbero essere attivati due multiplex a Bologna Colle Barbiano e Venezia Campalto. L’idea è quella di dare spazio a una ventina di emittenti locali per ciascuna location, a Venezia in banda III a Bologna in banda III inizialmente e, forse, successivamente anche in banda L, offrendo programmi in DAB+ e DMB-Visual Radio.» In prospettiva, sostiene Carera, la maggiore efficienza spettrale dei nuovi sistemi e la conversione al digitale delle vecchie frequenze televisive dovrebbe favorire l’uso della banda III VHF come segmento primario per la radiofonia digitale, con la banda L come segmento secondario. Anche per questo motivo occorrono regole e leggi che oggi non sono abbastanza aggiornate.
Alcune emittenti Aeranti avrebbero in questi mesi saggiato anche il sistema FMeXtra (la scorsa estata una stazione veneta ha utilizzato il canale digitale “nascosto” nelle sottoportanti per effettuare un servizio di diffusione sonora su una spiaggia dell’alto Adriatico). «L’interesse c’è e proprio per questo motivo Aeranti Corallo e il Centro RAIWay di Monza effettueranno una campagna congiunta di misurazione per verificare raggi di copertura e interferenze di questo nuovo sistema.»
A proposito di FMeXtra Antonio Tamiozzo mi segnala il post di Medianetwork che un paio di mesi fa annunciava la decisione, da parte dell’Associazione delle maggiori radio commerciali olandesi, di sospendere i trial FMeXtra effettuati ultimamente. Il sistema non offre sufficienti garanzie per un eventuale percorso di migrazione verso il digitale, ha concluso l’associazione. Medianetwork precisava però che almeno quattro emittenti locali olandesi hanno nel frattempo attivato una sottoportante FMeXtra.