Burrasca sull’attuazione della procedura di mediazione introdotta dal D.Lgs n. 28/2010 al fine di deflazionare il carico giudiziario pendente e futuro nella materia civile.
Il sistema dovrebbe andare a regime il prossimo mese di marzo, ma il Consiglio Nazionale Forense propone un rinvio dell’entrata in vigore dell’impianto normativo. Infatti, è di questi giorni la notizia (cfr. Italia Oggi, 14/01/2010, p. 29) che il Presidente del C.N.F. prof. Guido Alpa si è recato in via Arenula ad incontrare il Ministro Alfano per discutere di alcune problematiche che renderebbero opportuno un rinvio di sei mesi all’entrata in vigore della nuova procedura stragiudiziale. Un tale periodo, dovrebbe essere impiegato per rimuovere l’ostacolo legato all’indisponibilità delle aule presso i Tribunali dove collocare gli organismi di conciliazione organizzati dagli ordini forensi (che peraltro non riescono a reperire sul mercato nazionale delle assicurazioni una polizza che assicuri adeguata copertura nell’esercizio delle funzioni demandate), promuovere incisivamente la frequentazione del corso accreditato dal Ministero della Giustizia per quei professionisti del diritto che intendano affiancare all’attività forense quella di conciliatore (figura ad oggi gravemente carente nella categoria) e, nondimeno, organizzare la fase di start-up della riforma nella quale si dovranno fare i conti con l’incredibile mole di arretrato contenuta nei faldoni delle cancellerie. Insomma, per il momento, rispettare la scadenza di marzo sembrerebbe una vera e propria follia che – forse – congestionerebbe ancora di più l’amministrazione della giustizia. Sotto un altro punto di vista, è intervenuto di recente il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Milano (www.ilsole24ore.com, 27/12/2010) a perorare la causa della riserva legale in talune materie che dovranno essere discusse al cospetto del conciliatore, ma producendo così – secondo altra corrente di pensiero – l’effetto perverso di rendere costosa la procedura, laddove il legislatore l’aveva messa a punto anche al fine di rendere la composizione di una controversia meno dispendiosa per le parti. Di certo, è lo stesso Governo che con la riforma della professione forense in cantiere (approvata al Senato lo scorso mese di novembre) pare si sia effettivamente smentito nei fatti prevendendo – nel testo che nei prossimi mesi passerà all’esame della Camera – di riservare agli avvocati, in via esclusiva, l’attività di consulenza legale. Facendo il punto, quindi, sembrerebbe che il clima politicamente caotico di questi ultimi mesi abbia contribuito a far perdere l’orientamento su questioni cruciali: se passa l’idea, in questo caso, che una categoria in difficoltà debba essere aiutata con politiche sostanzialmente protezionistiche, l’impressione è quella di tuffarsi in un pericolosissimo flash-back ed, anche se in parte potrebbe essere condivisibile l’orientamento che le questioni giuridiche debbano essere trattate da esperti del diritto, in considerazione dei moltissimi "diritti" che il nostro ordinamento giuridico conosce, non può escludersi che altri professionisti possano restituire un migliore risultato in termini di conoscenza e preparazione su specifiche materie (si pensi, ad esempio, ai commercialisti nelle materie tributarie o societarie, agli architetti per quelle urbanistiche o ai consulenti del lavoro per quelle giuslavoristiche). Ad ogni buon conto, nel marasma delle – talvolta schizofreniche – dichiarazioni che in questi ultimi tempi si sono rincorse e delle quali si è qui cercato di dare brevemente conto, del tutto condivisibile – tornando alla "mediaconciliazione" – la perplessità sollevata da alcuni (v. www.ilsole24ore.com, 27/12/2010), in base alla quale si vorrebbe curare il virus dell’ipertrofia dei procedimenti giudiziari con una terapia che al suo interno potrebbe contenere un baco. Infatti, nel caso in cui la parti, giunte in sede di mediazione, non raggiungano un accordo, al conciliatore non rimane che l’alternativa di deferire la questione al giudice senza poter proporre egli stesso una soluzione. In proposito, ci sia concessa una malignità: se l’assistenza di un legale in quella sede diverrà obbligatoria, con tutta probabilità il D.Lgs 28/2010 avrebbe buone probabilità di fallire il proprio obiettivo. Il rischio c’è ed è reale se si considera il parere già espresso dal Consiglio Nazionale Forense di cui al comunicato stampa del 06/10/2010 (V. www.altalex.it, n. 3106 del 14/01/2010) ed inoltrato all’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia. Il documento, difatti, si incarica di segnalare – tra l’atro – «(.) la "latente sfiducia" della quale lo stesso d.lgs ha fatto oggetto proprio gli avvocati, per esempio mancando di prevedere la necessaria assistenza tecnica durante il procedimento» e fa istanza affinché la figura del conciliatore venga contornata da una precisazione sui requisiti della formazione richiesta. A nostro avviso, il C.N.F. sembrerebbe voler riservare alla rappresentata categoria l’intera fase conciliativa, con ciò – lo si ribadisce – contravvenendo allo stesso spirito della legge, vieppiù con il kafkiano risvolto di replicare pedissequamente nell’ambito della "mediaconciliazione" il contenzioso innanzi ad un giudice. (S.C. per NL)