Si è tenuto nei giorni scorsi il workshop di Confindustria sul refarming dei 700 MHz che entrerà nella sua fase più importante attraverso gli imminenti bandi per la determinazione degli operatori di rete e dei fornitori di servizi di media audiovisivi che avranno spazio nel T2 dal 2022. All’incontro hanno presenziato alti dirigenti del Ministero dello Sviluppo Economico che hanno rassicurato che nonostante le attese 2000 istanze dovranno essere trattate da un numero di funzionari che si conta sulle dita di una mano, si cercherà di fare il possibile per rispettare la tabella di marcia fissata da un legislatore forse un po’ troppo ottimista.
Non solo: a qualche settimana dalla pubblicazione dei bandi si ha giusto qualche scarna notizia di incontri tra operatori di rete locali ancora incerti se consorziarsi o se abdicare al ruolo di network provider a favore di player nazionali o seminazionali più strutturati e vocati al ruolo. Tanto che non appare infondato l’allarme lanciato dal presidente dell’Associazione Tv Locali di Confindustria Radio Tv, Maurizio Giunco: in almeno 5 aree tecniche c’è il concreto rischio che il bando per operatori di reti vada deserto, appiedando i fornitori di servizi di media audiovisivi ivi presenti. Il rischio è così rilevante da spingere gli editori locali ad invocare l’aiuto proprio di quei superplayer nazionali ai quali era stata contestata la sottrazione della riserva di un terzo delle frequenze a favore delle tv locali.
Tuttavia a lasciar stupiti non è nemmeno tale stato di cose che dovrebbe togliere il sonno a qualsiasi imprenditore.
Ciò che lascia straniati è che per gli operatori televisivi lavorare con un orizzonte esistenziale di meno di due anni è ormai la normalità.