La mafia che spara forse sta sparendo, nel tentativo di diventare (come si diceva nella fiction tv “L’ultimo padrino”) “invisibile”. La mafia degli uomini d’onore e dei “picciotti”, la mafia che si finanzia esclusivamente col traffico di armi e droga, sta evolvendosi, sta abbracciando territori fino ad ora inesplorati, e ne sta conoscendo i vantaggi. Questo grazie, soprattutto, alla stretta collaborazione, all’affiliazione, di personaggi che poco hanno a che fare con le origini social-culturali modeste dei vecchi padrini. Oggi la criminalità organizzata fa affari con la politica e con l’imprenditoria, senza rinunciare, però, a ricorrere ad uno dei metodi più antichi per sovvenzionarsi: il “pizzo”. Anche questo, però, ha mutato le sue caratteristiche “storiche”, venendo incontro, in un certo senso, agli imprenditori ricattati e mettendo in difficoltà le organizzazioni che si occupano di antiracket. Attraverso le testimonianze di alcuni “ribelli”, persone che hanno subito richieste e che si sono opposte alla logica del “pizzo”, gli inquirenti hanno scoperto un meccanismo nuovo e finissimo per cui oggi Cosa Nostra tiene in ostaggio le sue vittime non più grazie alle minacce, ma grazie ad una ipotetica reciproca convenienza economica. Uno di questi ribelli, grazie ai quali sono stati fatti enormi passi in avanti nella lotta al racket in Sicilia, è Vincenzo Conticello (foto, durante la testimonianza), titolare dell’“Antica Focacceria di San Francesco”, a Palermo. Il signor Conticello, teste importantissimo in alcuni processi che hanno visto imputati per estorsione affiliati di Cosa Nostra, ha raccontato d’aver ricevuto le richieste di denaro in una forma singolare, ossia tramite l’offerta di uno studio di mercato sui generis: un’analisi sul consumo delle panelle (fettine sottili di pasta di ceci fritti nell’olio, tipica ricetta siciliana), commissionabile ad una sedicente agenzia di marketing, asseritamente riconducibile ad ambienti mafiosi. Questa è solo una delle nuove frontiere che le fini menti dei nuovi criminali hanno messo appunto per finanziare la propria attività illecita. La cosa emersa dalle indagini e che più ha allarmato gli inquirenti è un meccanismo studiato ad arte secondo cui, grazie alla presunta accondiscendenza o alla collaborazione di alcuni commercialisti (e, pare, addirittura di notai), il “pizzo” diverrebbe detraibile dalle tasse, per cui persino “conveniente” anche per chi lo subisce. Di fronte a un meccanismo così complesso si resta agghiacciati. Ciò avrebbe coinvolto anche piccole emittenti radio e tv locali, che si sarebbero trovate ad operare con agenzie di marketing fittizie nella commercializzazione di spot pubblicitari. L’ipotesi prospettata dagli inquirenti è la seguente: una radio, ad esempio, vende i propri spazi pubblicitari per mezzo di un’agenzia al soldo della mafia, che emette alla stazione una fattura gonfiata, incassando, comunque, una certa cifra. L’agenzia affiliata a Cosa Nostra ci guadagna, il commerciante-imprenditore ci guadagna a sua volta, ottenendo una fattura da scaricare ben maggiore della reale entità del versamento (leggasi “pizzo”) e gli spazi pubblicitari restano invenduti, pronti quindi per essere pianificati ad altri. Un meccanismo apparentemente perfetto che, per fortuna, le forze dell’ordine stanno scardinando. (Giuseppe Colucci per NL)