La “Gazzetta del Sud” condannata per diffamazione cita in giudizio l’articolista perché paghi la sua parte del risarcimento

Protesta la redazione. L’Ordine si schiera con il giornalista con una decisione che Franco Abruzzo definisce “stupefacente” perché “Chi viene condannato per diffamazione a mezzo stampa ha violato anche le regole deontologiche della professione”


(Franco Abruzzo.it) – Messina, 17 gennaio 2009. Protesta dei redattori della Gazzetta del Sud, per manifestare «la piena e unanime solidarietà al collega Filippo Pinizzotto, citato in giudizio civile da parte dell’azienda per rispondere in solido di un risarcimento danni in qualità di presunto autore di un articolo pubblicato nel 2000 sul quotidiano». L’assemblea, che ha proclamato lo stato d’agitazione, «esprime profondo disagio – si legge in una nota – per un provvedimento che non ha precedenti nella storia del nostro giornale, e chiede con forza all’azienda l’immediato ritiro dell’azione civile nei confronti del collega, auspicando che i rapporti tra corpo redazionale e azienda possano essere ricondotti a un clima più sereno e fruttuoso». Il redattore della Gazzetta del Sud ha ricevuto anche anche sostegno e solidarietà dal presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, Franco Nic astro, e dal Gruppo siciliano dell’Unci-Unione nazionale cronisti italiani. (ANSA).

Nota di Franco Abruzzo: “Serve una polizza assicurativa”.

L’articolo 11 (responsabilità civile) della legge 47/1948 sulla stampa recita che “per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l’editore”. Fra gli autori del reato figurano il direttore responsabile, – che, ex art. 57 Cp, deve impedire che con il mezzo della stampa si commettano “delitti” -, e l’articolista.

Fino al 1984, c’era un patto tacito tra giornalisti ed editori: gli editori pagavano i danni e i giornalisti espiavano la pena (in carcere). Nel 1984, con la sentenza del “decalogo” (n. 5259), la Cassazione ha stabilito che, in caso di diffamazione con il mezzo della stampa, il diffamato poteva agire in sede civile senza passare dai tribunali penali. A questo punto le cose sono cambiate: gli editori hanno cominciato a pretendere dai loro giornalisti dipendenti, visto che rischiano difficilmente il carcere, di partecipare al risarcimento dei danni come stabilisce l’articolo 11 della legge 47/1948 sulla stampa. Il primo caso si ebbe a Roma (Il Messaggero) e il secondo a Milano (Il Giornale) poi rientrato. L’unica misura efficace è la stipula di una polizza, misura prevista dal Contratto ma mai attuata. L’articolo 47 del Cnlg comprende questa “Nota a verbale”: “Le parti esamineranno entro 90 giorni dalla data di stesura del presente contratto la possibilità di stipula di polizza assicurativa generale per l’intero settore finalizzata alla copertura parziale dei danni conseguenti a responsabilità civile individuando criteri e limiti della relativa copertura”. Le “parti” (Fnsi e Fieg) non hanno combinato nulla sul terreno concreto dei fatti. La proposta ancora oggi è sul tavolo delle trattative in corso tra Fnsi e Fieg. Si arriverà a una soluzione? E’ la volta buona?

Appare stupefacente la solidarietà dell’Ordine della Sicilia al giornalista della “Gazzetta del Sud”: chi viene condannato per diffamazione a mezzo stampa ha violato anche le regole deontologiche della professione. Pertanto dovrebbe essere giudicato in sede disciplinare da quell’Ordine che gli ha espresso solidarietà. O no? Senza dimenticare che un giornalista condannato per diffamazione, in via definitiva, rischia anche il posto (avendo arrecato un danno all’immagine del giornale). La “Gazzetta del Sud” in questo caso ha optato per la compartecipazione del giornalista al risarcimento del danno.

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