La free press invade il mondo. E non solo quello occidentale

Il fenomeno si sta espandendo a ritmi vertiginosi, i quotidiani tradizionali studiano contromosse


Sono 34,8 milioni le copie di quotidiani free press che, ogni giorno, vengono distribuite in tutto il mondo (di cui 26,5 milioni solo in Europa), 230 le testate, più che rosee le previsioni per il futuro. E i quotidiani tradizionali, quelli a pagamento tanto per intendersi, stanno lì a vedere le proprie copie diminuire progressivamente, fagocitate da questa macchina infernale che è la free press, contro la quale reggere la concorrenza è durissima, per due ordini di ragioni. La prima, più che ovvia, riguarda il prezzo: le free press, come dice la stessa definizione, non sono a pagamento, i quotidiani tradizionali, per quanto a costi molto contenuti, si acquistano sborsando soldoni. La seconda ragione comprende tutto quell’universo sociologico che riguarda la fruizione e l’immagazzinamento della comunicazione in generale e dell’informazione più nello specifico, all’interno delle moderne società dell’informazione. Non solo in Europa. La fruizione di un medium, e la lettura di un quotidiano ancora di più, richiedono tempi e modi che, oggigiorno, specie nelle grandi metropoli (che, poi, sono le uniche nelle quali si distribuiscono quotidiani free press), sono quasi impensabili. Tra lavoro, spostamenti su mezzi pubblici, pause pranzo della durata di una colazione, le occasioni per rilassarsi leggendo il proprio quotidiano “di fiducia” diventano sempre più rare e sempre più “scomode”. Non è più il tempo del quotidiano letto sul divano della propria dimora, mentre ci si appresta a concedersi la pennichella pomeridiana. I quotidiani free press sono brevi, si trovano proprio in quei luoghi (fermate della metro, dei tram, locali pubblici) strategici nei quali ci si accorge che leggere un quotidiano (oltre che per la lunghezza in sé per sé, anche per il formato, più da camera che da tram) diventa sempre più difficile, le modalità con cui forniscono informazione sono tipiche della società dell’usa-consuma-getta, del sapere di tutto un po’, senza approfondire troppo. Questo è il futuro e i dati sono difficilmente smentibili. Inoltre, la penetrazione di cui è in grado di godere un quotidiano free press è piuttosto “tattica”: riesce a coinvolgere anche fasce di popolazione più basse, per livello d’istruzione e per possibilità economiche. Oltretutto, non solo Europa occidentale e Stati Uniti stanno guidando questo trend nel mondo, ma anche l’Europa dell’est e, ultimamente, il Maghreb, stanno sviluppando questa nuova modalità informativa. E potrebbe essere la vera svolta sul piano culturale, proprio per quelle popolazioni a più bassa scolarizzazione. In Ucraina, ad esempio, “15Minuti”, free press edita nella capitale, Kiev, distribuisce già 130mila copie e si è da poco espansa, coinvolgendo anche Donetsk, il secondo centro urbano del Paese. Anche in Marocco, “Aufait”, il tabloid da 16 pagine edito in lingua francese a Casablanca (successivamente esportato anche a Rabat e tra poco disponibile anche a Marrakech), sta riscuotendo un successo inaspettato. Intanto, negli Stati pionieri di questo fenomeno, si studiano già le contromosse. Negli States, ad esempio, i grandi quotidiani stanno offrendo abbonamenti annuali a cifre irrisorie: il “New York post” (giusto per citare l’esempio più eclatante) offre l’abbonamento annuale con consegna a domicilio compresa a soli 13 dollari (a fronte dei 309 euro che occorrono per abbonarsi, in Italia, al “Corriere”), ma anche il “New York Times” ha scelto di promuovere le proprie copie, il pomeriggio, a soli 25 centesimi. In Francia, altresì, è stata adottata una tecnica alternativa: è stata studiata un’apposita regolamentazione dei dispenser di giornali gratuiti che prevede che essi si situino ad una certa distanza dai chioschi-edicole, in modo da intaccare il meno possibile le vendite dei giornali della tradizione. Queste tecniche sono, certamente, ben studiate e molto intelligenti ma, difficilmente, riusciranno ad arginare il fenomeno. Che invece continua ad espandersi, arrivando a toccare anche zone del globo dove questa potrebbe risultare la chiave di volta per una maggiore scolarizzazione ed informazione delle fasce più disagiate della società. (Giuseppe Colucci per NL)

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