La Cassazione riconosce all’Inpgi la funzione di “istituzione pubblica”

L’avvocato dipendente dell’Inpgi può iscriversi all’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati per patrocinare le controversie dell’ente.
 
Sono stati accolti dalla Corte di Cassazione, sez. Unite civili, con sentenza n. 19497 del 16 luglio 2008, i ricorsi presentati da alcuni avvocati dell’Inpgi contro la decisione del consiglio nazionale forense che aveva escluso l’iscrizione degli stessi nell’elenco speciale annesso all’albo avvocati, necessaria per patrocinare le cause dell’ente. La Corte di legittimità ha osservato che, ai sensi dell’art. 3 del RDL n. 1578 del 1933, l’esercizio della professione di avvocato è incompatibile con qualunque impiego o ufficio retribuito alle dipendenze di qualsiasi amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle province e dei comuni. Gli avvocati dipendenti da questi enti possono tuttavia essere iscritti nell’elenco speciale annesso all’Albo degli avvocati, esclusivamente per la cura delle cause e degli affari dell’ente presso il quale prestano la loro opera. La S.C., riconoscendo la funzione pubblica svolta dall’Inpgi, ha infine osservato che il requisito per l’iscrizione nel suddetto elenco speciale non risiede nella forma giuridica rivestita dall’ente (nel caso di specie l’Inpgi è una fondazione), ma nella natura pubblica della funzione che esso svolge. Gli avvocati dipendenti dell’Inpgi pertanto possono iscriversi all’albo speciale ed esercitare la professione, patrocinando esclusivamente le controversie dell’ente previdenziale, poiché l’Inpgi è un’istituzione di carattere pubblico. In particolare la S.C. ha osservato che dalla disciplina normativa dell’attività dell’Inpgi emergono una pluralità di elementi dai quali risulta che l’istituto svolge funzioni diverse dai soggetti previdenziali privati, e analoghe, se non identiche, alle funzioni degli enti pubblici di previdenza e assistenza quali l’Inps o l’Inail. Tali elementi sono così stati individuati dalla Corte: “a) la provvista finanziaria non proviene da contribuzioni dei professionisti, ma dall’obbligatorio contributo dei datori di lavoro (la gestione dei contributi dei liberi professionisti è autonoma e separata da quella ordinaria); b) la previdenza e l’assistenza erogate dall’istituto sostituiscono, a differenza di quelle delle casse di previdenza dei liberi professionisti, le forme di previdenza e assistenza obbligatorie e consistono in prestazioni analoghe a quelle a carico dello Stato (cassa integrazione, prepensionamenti, t.f.r. ecc.); c) a differenza di quanto avviene per le casse di previdenza dei liberi professionisti, opera il principio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali (ossia le prestazioni vengono erogate indipendentemente dall’avere corrisposto i contributi ndr); d) l’istituto è dotato di poteri autoritativi, sia per l’accertamento per mezzo del proprio corpo di ispettori dei crediti contributivi, sia per l’irrogazione delle sanzioni; e) la corte dei conti non solo esercita il controllo di gestione, ma ha giurisdizione sulla responsabilità amministrativa per danno erariale dei dipendenti; f) la disciplina della totalizzazione dei periodi assicurativi è quella che vale per gli enti pubblici e non quella dei soggetti privati”. Sulla base di questi elementi la Corte ha ritenuto di dovere riconoscere all’ente previdenziale dei giornalisti la natura pubblica delle funzioni assistenziali e previdenziali svolte e, conseguentemente, come detto sopra, la possibilità per i legali Inpgi di essere iscritti nell’elenco speciale annesso all’albo professionale degli avvocati, al fine di potere esercitare il patrocinio esclusivamente per la cura delle cause e degli affari dell’ente. La S.C., richiamando poi alcuni precedenti giurisprudenziali (Cass. n. 3733/02 e Cass. n. 14213/05), ha anche precisato che la deroga al regime dell’incompatibilità (che, tra l’altro, consente appunto agli avvocati dipendenti degli enti previdenziali di natura pubblica di patrocinare le loro cause), va correlata alle esigenze di tutela della libertà di iniziativa e della indipendenza dell’esercizio della professione di avvocato, esigenze che ben possono essere garantite sia nel caso in cui il rapporto di lavoro fra avvocato ed ente abbia natura pubblica, sia nel caso in cui abbia natura privata. Tali esigenze, secondo la Corte, vengono ad essere garantite anche se il rapporto di dipendenza sia di tipo privato, sussistendo in questo caso a tutela del dipendente la disciplina del demansionamento e del licenziamento per giusta causa del lavoro privato. (D.A. per NL)

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