La Apple dice no a Fiore, il vignettista americano premio Pulitzer. Poi si scusa

L’avesse saputo prima, Steve Jobs, che Mark Fiore avrebbe vinto il premio Pulitzer da lì a quattro mesi, probabilmente non avrebbe avuto bisogno di scusarsi per l’errore di valutazione commesso nei suoi confronti.

Probabilmente il capoccia della Apple avrebbe potuto fare uno strappo alla regola imposta dalla sezione 3.3.14 dell’iPhone Developer Program License Agreement, che impone all’azienda il rifiuto per quelle applicazioni dell’iPhone che "contengano materiale (di testo, grafico, per immagini o suoni) ritenuto dubbio da parte di Apple, ad esempio per contenuti osceni, pornografici o diffamatori". Facendo riferimento a tale sezione, infatti, lo scorso dicembre l’azienda di Cupertino aveva rifiutato la proposta di Mark Fiore che, interessato a raggiungere la vasta platea mobile (è da sempre un precursore di nuove piattaforme multimediali: nel 2001 è stato uno dei primi ad abbandonare totalmente la carta stampata per dedicarsi anima e cuore all’online), si era offerto di creare un’applicazione per l’iPhone, chiamata NewToons, per accedere alle sue vignette tramite il telefono tuttofare della Apple. No, grazie era stata la risposta. Poi la storia è cambiata. Alcuni giorni fa Mark Fiore è diventato il primo vignettista della storia del Pulitzer a vincere il premio e l’assegno da 10mila dollari. Nonostante fosse possibile dal 1920, per i vignettisti politici, vincere l’onorificenza, la Columbia University non aveva mai ritenuto un collega di Fiore degno di riceverla. Ora la Apple si scusa e Steve Jobs in persona parla di "mistake", errore, nella valutazione del caso. E si dichiara possibilista riguardo il futuro: "è un errore che stiamo valutando". L’errore, in realtà, al di là della popolarità acquisita da Fiore negli ultimi giorni, fa capo al regolamento 3.3.14 di cui si parlava prima: "applicazioni che mettono in ridicolo personaggi pubblici non sono permesse". Ora che le porte di Apple si riaprono, però, il vignettista del sfgate.com, si dice imbarazzato: "mi sento colpevole per aver ricevuto un trattamento preferenziale", ha dichiarato. Da un lato vien da pensare che se Fiore non avesse vinto il Pulitzer non staremmo qui a parlare di "mistake", e questo è certo. Dall’altra parte, però, il suo caso potrebbe risultare un importante precedente nei confronti della politica censoria applicata da Apple. Non è un caso, infatti, che la Columbia Journalism Review, proprio quella rivista edita dalla scuola di giornalismo fondata coi fondi dell’eredità di Joseph Pulitzer, abbia messo in guardia gli editori statunitensi, richiamandoli a non essere troppo "pappa e ciccia" con Steve Jobs e i suoi. (L.B. Per NL)

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