La 7 a Urbano Cairo. Il nuovo capitolo della ex TMC, dai brasiliani di Rede Globo a Telecom Italia passando da Cecchi Gori

Nuovo giro, nuova corsa. Al timone di La7 arriva Urbano Cairo, ultimo di una serie di proprietari che hanno tentato di intaccare lo strapotere televisivo di Rai e Mediaset senza mai riuscirci fino in fondo.

Questa volta il passaggio di testimone arriva in un momento di crescita per l’emittente, che grazie ai volti noti e non solo ha superato a gennaio la soglia del 5% di share, ed in una fase di parcellizzazione degli ascolti, seguita all’avvento del digitale. E chissà che non sia proprio nel corso della nuova gestione che il sogno del terzo polo televisivo finisca con il realizzarsi. Un sogno nato venti anni fa, quando Vittorio Cecchi Gori acquista Tele Monte Carlo, già di proprietà della brasiliana Rede Globo e di Montedison. L’obiettivo di scalfire il duopolio non viene mai raggiunto e gli ascolti restano inchiodati al 2% di share medio. Nel giugno 2001, un anno dopo l’acquisto della rete da parte di Telecom, con una festa da una discoteca di Milano, trasmessa in prime time e condotta da Fabio Fazio, con Giuliano Ferrara, Gad Lerner e Luciana Littizzetto nasce La7, per occupare il settimo tasto del telecomando e un posto fisso nelle scelte della platea televisiva. Per raggiungerlo si pensa all’ingaggio di nomi forti come Enrico Mentana e Michele Santoro, destinati a sbarcare su quei lidi molto tempo dopo. La scalata dello share non arriva. Nel 2003 tocca a Marco Tronchetti Provera, arrivato ai vertici del colosso di tlc, prendere le redini dell’emittente. Nascono format come Omnibus e Otto e mezzo, che aprono all’informazione spazi di palinsesto fino ad allora dedicati all’intrattenimento. Arrivano Gad Lerner, Giuliano Ferrara, Aldo Biscardi, Piero Chiambretti, Daria Bignardi e gli ascolti crescono, ma mai fino ai livelli sperati. Il terzo polo resta un miraggio. Le ricadute politiche non mancano. Non sono pochi a vedere nella mancata ascesa della rete il peso di una volontà normalizzatrice non estranea neanche alla proprietà. Così nel 2007 il caso Daniele Luttazzi, defenestrato due mesi dopo il suo ritorno in tv a cinque anni dall’editto bulgaro, causa una valanga di polemiche. Il suo Decameron, nonostante i buoni ascolti, viene sospeso ufficialmente per una battuta su Giuliano Ferrara, prima di una puntata dedicata all’enciclica del Papa. La rete lancia anche Maurizio Crozza, che raggiunge il grande pubblico con i suoi man show. Gli ultimi anni sono quelli dell’exploit del tg di Enrico Mentana, che nel 2011 prende il posto di Antonello Piroso. Della campagna acquisti dell’a.d. Giovanni Stella. Dell’arrivo delle sorelle Parodi, di Quello che non ho di Fabio Fazio e Roberto Saviano, strappati alla Rai, di Corrado Formigli e di Michele Santoro, sia pure da fornitore esterno. Lo scorso gennaio per la prima volta la rete batte la concorrenza in prime time grazie agli ascolti stellari della puntata di Servizio Pubblico con Silvio Berlusconi. Sale lo share, ma anche il rosso nei conti. Telecom si tira indietro, ora «la patata bollente» – come ammette lui stesso – passa nelle mani di Cairo. (ANSA)
 

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