Ambire, in pochi, anni, al raggiungimento delle quote di diffusione della multimedialità di cui godono Gran Bretagna o Germania è arduo, ma il trend che sta attraversando l’Italia ultimamente è molto positivo e lascia intravedere spiragli di ripresa. Già, perché allo stato attuale dei fatti, il nostro paese si barcamena tra le ultime posizioni, in Europa, in quanto a multimedialità, in buona compagnia con i “cugini” transalpini. Può apparire strano ma è così, i francesi sono persino più monomediali di noi, laddove come tali si intendono coloro che fruiscono abitualmente di un solo medium, quasi sempre (se non sistematicamente) la televisione. Nelle prime posizioni, come sempre, si attestano inglesi e tedeschi, che meglio di chiunque in Europa hanno afferrato l’importanza di una conoscenza a trecentosessanta gradi della trasversalità mediatica, tanto da educare i bambini all’uso del pc o di altre new technology fin dalla più tenera età. Ma veniamo ai dati, per la verità, non così catastrofici come molti potrebbero attendersi. Questi dati provengono dall’annuale resoconto del Censis sul rapporto tra cittadini italiani e media (tra i quali si contano anche quelli più tradizionali, come quotidiani e libri), comparato agli altri stati del vecchio continente. A fronte di un 61,3% di utenti mediadotati in Spagna, di un 67,7% in Germania e, addirittura, di un 74,9% in Gran Bretagna, da noi solo 3 italiani su 10 possono dichiararsi fruitori abituali di più di una new technology; il restante 70% circa è ancora saldamente incollato alla buona e vecchia tv tradizionale e analogica (in pratica solo quella generalista di Rai e Mediaset), con tutte le limitazioni in termini di conoscenza che questo dato comporta. Ma è pur vero che, tralasciando le tecnologie più innovative, i dati risultano meno disarmanti, dal momento che nel 2006, per la prima volta, il numero di utenti che utilizzano più mezzi contemporaneamente (tenendo in considerazione i media tradizionali) ha superato la metà della popolazione con più di quattordici anni, raggiungendo il 53% del totale, risultato ottenuto grazie al notevole apporto delle nuove leve. Per quel che concerne la tv bisogna operare una distinzione, dal momento che la penetrazione di questo medium oscilla tra il 93 e il 98% della popolazione, pressoché in tutti i paesi; la differenza è che in Italia la parola tv è ancora troppo identificata con quella generalista e analogica (per il 72,1% è l’unica fonte informativa), al contrario dei soliti “primi della classe” tedeschi e britannici dove televisione digitale e pay tv sono decisamente più consolidate. Sottolineano con orgoglio, però, dal Censis, che quest’anno per la prima volta dall’inizio del nuovo secolo il dato dei lettori (chi ha acquistato almeno un libro negli ultimi dodici mesi) è risultato essere maggiore del 50%, una notizia confortante che, altresì, sottolinea l’arretratezza del nostro popolo quando si tratta di tecnologie all’avanguardia. Certo, anche dal punto di vista dei lettori il dato, se confrontato ai “big users” appare ancora deficitario, ma ci sono i presupposti per una lenta ma decisa ripresa. In Italia bisogna abbandonare l’abitudine di piangersi addosso, considerandosi più arretrati rispetto ai paesi-guida dell’Europa, e comprendere maggiormente l’importanza che le nuove tecnologie hanno e, ancor più, avranno in futuro per tutta la società civile, perché quella è la strada dell’avanzamento economico. (G.C. per NL)