Roma – Gli italiani non possono gridare alla violazione della privacy nel caso in cui quello che fanno e dicono all’interno di un’automobile in una pubblica via, venga intercettato da un investigatore privato. Questo il senso di una sentenza della Corte di Cassazione, la 12042, di cui mentre scriviamo non è però ancora disponibile il testo, una sentenza destinata a rinfocolare le polemiche sull’uso degli apparati di intercettazione.
Stando alle agenzie, il caso è arrivato in Cassazione dal GUP di Brescia, secondo cui, e la Cassazione condivide, non si può procedere contro 21 investigatori privati accusati di aver violato la privacy per aver inserito rilevatori audio e video all’interno delle automobili. L’intercettazione delle conversazioni avvenute all’interno dei veicoli in questo caso non è violazione della privacy.
Si tratterebbe, dunque, di un buco legislativo: lo sottolinea la stessa Cassazione, secondo cui l’individuo, secondo le normative, ha una lecita aspettativa di privacy nei luoghi indicati appunto dalla legge, vale a dire all’interno della propria abitazione.
Va detto che i casi presi in esame riguardano indagini promosse da un coniuge nei confronti dall’altro coniuge, evidentemente nell’interesse di appurare la “fedeltà” di coppia. “Nessuna norma incriminatrice – conclude la Cassazione – tutela la riservatezza delle persone che si trovino in autovettura privata sulla pubblica via”.
In assenza del dispositivo della sentenza è inevitabile porsi numerose domande, chiedersi quanto abbia influito sulla sentenza il fatto che si trattasse di registrazioni per fini coniugali, e se questo non potrebbe giustificare una pletora di ulteriori intercettazioni. Non rimane che attendere la pubblicazione delle motivazioni.