Roma – Quasi tutti i provider italiani limitano il peer to peer, ma solo Ngi, Tele2 e Wind dicono di farlo; quanto agli altri, non ci sono conferme ufficiali ma solo indizi. Una cosa è certa: gli operatori che limitano a bella posta il peer to peer violano le regole del settore in materia di trasparenza, se non lo comunicano in modo chiaro all’utente. È quanto emerso dall’inchiesta di Punto Informatico, condotta nelle scorse settimane con l’aiuto delle testimonianze dei lettori, la collaborazione dei provider, di vari addetti ai lavori e il parere dell’Autorità Garante delle Comunicazioni (Agcom).
Questa storia è, per certi versi, il classico segreto di Pulcinella: in tutto il mondo, da anni, ci sono provider che restringono l’uso del peer to peer, come ricordato anche dalla recente polemica su Comcast. La novità è che il problema diventa di giorno in giorno più scottante e forse è giunto ormai a un punto di rottura. Lo testimonia la valanga di segnalazioni giunte a PI da utenti che si lamentano per la lentezza di eMule o di BitTorrent. “Anche a noi arrivano lamentele di questo tipo. A ondate, direi”, conferma Marco Pierani, responsabile rapporti istituzionali per Altroconsumo.
Chi dice e chi non dice
Anche se certo le lettere arrivate a PI non hanno rilievo statistico, va detto che per buona parte riguardano Tele2 e Wind, cioè proprio i due provider che hanno comunicato alla stampa, ma non sui rispettivi siti, di limitare il peer to peer. In particolare, Wind dice di farlo solo in casi di emergenza e solo su connessioni wholesale (non in unbundling, cioè). Tele2 invece conferma quanto già detto a Punto Informatico in precedenza. “Tele2 Italia”, spiega Andea Filippetti, l’amministratore delegato, “conferma che l’utilizzo di filtri per il peer to peer è finalizzato all’ottimizzazione della banda per tutti i clienti. Limitando la banda a quel 10 per cento che fa un uso massiccio del peer to peer avvantaggiamo il restante 90 per cento”.
Tele2 dice di avere già riscontri positivi: “l’introduzione dei sistemi di filtraggio ha determinato un miglioramento della qualità del servizio ADSL, come dimostra la drastica riduzione delle segnalazioni di slow speed da parte dei nostri clienti”. Questo ragionamento, che si professa orientato al beneficio dell’utente, offre il fianco a un’obiezione. Ma se l’operatore non ci tiene a soddisfare quella minoranza di utenti appassionati di peer to peer, perché non lo dichiara nel sito? Così i potenziali abbonati sarebbero informati e coloro che vogliono fare tanto peer to peer si rivolgerebbero altrove. Adesso invece capita che ci si abboni a Tele2 per poi disdire subito il contratto, insoddisfatti dalle prestazioni peer to peer; con una perdita di tempo e denaro (Tele2 fa pagare 60 euro per la disdetta; quota che secondo Altroconsumo è “illegittima”). È ovvio che questo discorso varrebbe anche (a maggior ragione) per gli altri eventuali operatori che limitano il peer to peer. Con l’aggravante per coloro che lo fanno senza nemmeno dichiararlo alla stampa.
La testimonianza di un utente Tele2 è esemplificativa: “come alla maggior parte degli utenti (basta leggere qualsiasi forum per rendersi conto dell’entità del problema), mi sono stati attivati filtri che rallentano e bloccano il traffico peer to peer per tutta la giornata, senza essere stato preventivamente avvisato”, racconta Nicola S. a Punto Informatico. Da notare che non è una semplice limitazione di banda ma un vero e proprio filtro: “allo stato attuale mi è impossibile utilizzare programmi P2P, tranne nelle ore notturne (dalle 23 alle 8). eMule risulta lentissimo e la rete Kad mi dà lo stato di firewalled perché evidentemente mi bloccano alcune porte. Bit Torrent non riesce a connettersi! Verso mezzanotte funziona tutto perfettamente”.