Chiamateli apocalittici, chiamateli protezionisti internautici, chiamateli nemici del web (l’Iran fa parte della lista di 13 “Stati nemici del web”, stilata da “Reporters sans frontiers”, ndr). Fatto sta che, seguendo le orme di Paesi come Cina o Cuba, dove la libertà d’espressione viene quotidianamente calpestata, il governo iraniano, per bocca del consigliere del procuratore generale della Repubblica, Abdul Samad Khorramabadi, ha annunciato l’imminente oscurazione di circa 5 milioni di siti web, ritenuti pericolosi e lesivi dei valori della comunità islamica.
Portali come Wikipedia, Facebook, MySpace; siti di grandi organi d’informazione quali Cnn, Bbc; ed, ancora, articoli di giornali digitalizzati, motori di ricerca, archivi di video sarebbero, secondo il governo iraniano, strumenti in mano al nemico americano per tentare una svolta “immorale ed anti-sociale”, “per danneggiare i valori della comunità islamica iraniana”. Ma ci faccia il piacere!, direbbe Totò
Internet come il diavolo, internet portatore di valori sballati, internet pericoloso per il mantenimento dei costumi islamici: questa è la visione che il governo filo-musulmano e ultraconservatore di Ahmadinejad ha di una delle più grandi risorse messe a disposizione dell’uomo nel nuovo millennio. Probabilmente la paura del governo di Teheran risiede nell’attrattività che lo stile di vita occidentale, attraverso la Rete, potrebbe avere nei confronti della propria popolazione. Intanto, comunque, è stata resa ufficiale la prossima cancellazione dal world wide web iraniano di qualcosa come 5 milioni di siti. E la motivazione che uno dei rappresentanti dell’authority ha addotto sarebbe una fantomatica difesa “della comunità dai nemici che usano il web per cercare di invadere la nostra identità religiosa”. E, ancora: “la maggior parte dei siti filtrati – ha spiegato Khorramabadi – diffondono materiale immorale e anti-sociale […] bisogna progettare i modi per ridurre al minimo i danni sociali”. Semplice, la ricetta in questi casi è una sola: censurare. Purtroppo, in alcuni Paesi del mondo, funziona così. (Giuseppe Colucci per NL)