Settimana di passione, quella appena conclusa per gli operatori tv locali delle regioni chiamate alla ridistribuzione dei canali digitali.
Giorni concitati, dove all’atteggiamento rigido di un Ministero dello Sviluppo Economico orientato (rectius, obbligato) all’interpretazione restrittiva delle norme che disciplinano la ridistribuzione delle risorse radioelettriche per la tv digitale ha fatto da contraltare la mai sopita creatività italiana per superare le forche caudine dei requisiti per il conseguimento dei titoli all’esercizio. Così, mentre l’ostacolo costituito dalla mancata evidenziazione nell’ultimo bilancio depositato dell’avvenuta instaurazione della separazione contabile sarebbe stato ovviato da alcuni operatori attraverso il deposito di una rettifica alla nota integrativa (al bilancio), oppure attraverso la presentazione del verbale contenente l’adozione del regime distintivo delle attività, la problematica relativa alla consistenza organica applicata all’attività di network provider è stata affrontata da qualcuno ritenendo coerente l’indicazione anche di personale non tecnico, nella fattispecie quello amministrativo, considerato il silenzio (assenso?) della P.A. sul punto. Necessità fatta virtù, ma anche azione di protesta verso interpretazioni normative adottate dalla P.A. ritenute dai privati eccessivamente restrittive e immotivatamente penalizzanti. A questo punto la palla rimbalza nelle stanze della D.G. del MSE-Com, che dovrà attribuire i punteggi con un occhio rivolto alle linee guida dettate agli operatori attraverso le risposte ai quesiti e l’altro alle scelte adottate dai partecipanti. Quel che è certo è il tutto finirà comunque nelle mani dei giudici amministrativi, che dovranno dipanare le numerose ombre che oscurano un’ambigua procedura. Col rischio (elevato) che si concluda come per gli LCN.