Nel primo trimestre 2013 il valore del mercato pubblicitario si ferma a poco meno di 1,6 miliardi di euro, in calo di 371 milioni rispetto allo stesso periodo del 2012.
La variazione complessiva, pari al -18,9%, è distribuita in maniera abbastanza omogenea tra tutti i mezzi di comunicazione considerati da Nielsen, l’istituto di ricerca che ha pubblicato i dati. Anche per quanto riguarda i settori merceologici il calo è trasversale. Le aziende dei primi 5 comparti (alimentari, automobili, tlc, farmaceutici/sanitari e media/editoria) hanno ridotto i budget in maniera rilevante, con tagli che vanno dal -15% al -30%. Sul mezzo televisivo sono stati investiti 905 milioni di euro (1.119 nel 2012), sulle radio 77 milioni (95 nel 2012). Per Nielsen i risultati del primo trimestre sono frutto di una congiuntura economica molto forte, ma anche della incertezza politica pre e post elettorale che ha caratterizzato l’Italia. Per l’istituto di ricerca è difficile prevedere un’inversione di tendenza almeno nella prima metà dell’anno. Nel medio termine, se a livello europeo e nazionale dovessero essere adottate misure di sostegno alla crescita economica (allentamento dei vincoli di stabilità, erogazione dei crediti della PA verso le imprese, alleggerimento o differimento del carico fiscale, per citare i temi più ricorrenti), è ragionevole sperare in una boccata d’ossigeno per i consumi e quindi in un leggero miglioramento della situazione del mercato pubblicitario nell’ultimo trimestre dell’anno. Su questo tema il Presidente della FRT, Filippo Rebecchini, rilancia una proposta già fatta in passato ed in larga parte condivisa dagli addetti ai lavori, ossia l’introduzione di un credito d’imposta del 10% per i prossimi tre anni da riconoscere alle imprese che investono nella pubblicità, incrementandola rispetto ai valori del 2012. In questo modo, secondo Rebecchini, è possibile aiutare la crescita dei consumi interni, salvaguardare i posti di lavoro e la libertà di informazione. Inoltre lo Stato potrebbe compensare i mancati introiti fiscali sotto forma di maggior produzione e riduzione della cassa integrazione. (E.G. per NL)