A seguito delle dichiarazioni del senatore Gianpiero D’Alia (Udc) risulta indispensabile una riflessione: l’educazione per l’utilizzo del web è scarsa. Le dimostrazioni sono troppe.
"Io non sono né per chiudere Facebook né per chiudere YouTube, io sono perché Facebook e YouTube rispettino le vittime di mafia, le vittime del terrorismo e le vittime degli stupri. Se non le rispettano non possono avere il rispetto dello Stato, quindi vanno chiusi” (dichiarazione tratta da L’Espresso Online). Sono queste le parole con cui il senatore Gianpiero D’Alia (UDC) ha delineato la propria posizione sull’argomento. Forse non è possibile, soprattutto per gli internauti che invadono quotidianamente la rete, pensare ad un web senza Facebook e YouTube. Ad oggi non è proprio possibile pensare ad un web privato della sua componente sociale, attraverso la quale internet ha vissuto un’espansione incommensurabile (in particolare dopo che Google si è imposto, come nessun altro, sul mercato di riferimento). Ma stando al contenuto di un emendamento, recentemente approvato nel decreto sicurezza, il ministero degli Interni avrebbe la facoltà di oscurare completamente i “siti Internet che siano sottoposti a indagine giudiziaria per contenuti che contemplino l’istigazione a delinquere a l’apologia di reato” (tratto da L’Espresso Online). Dunque risulta indispensabile interrogarsi su quali siano questi contenuti e dove sia possibile trovarne. La rete è piena (purtroppo) di esempi di istigazione. Si pensi ai già citati YouTube e Facebook, il primo dei quali contiene tutt’ora contenuti sgradevoli il cui soggetto preferito è una violenza giovanile gratuita e priva di qualunque significato, possibile causa di imitazione da parte di internauti più irascibili e influenzabili. Si pensi al “sesto paese del mondo” FB, nel quale la pratica pubblicitaria (attualmente tra le più invasive e, paradossalmente, geniali) riesce a connettere un numero impressionante di utenti che condividono non solo il piacere per una bevanda o la passione per una qualunque serie tv, ma anche la stima (sic!) per un personaggio mafioso (il caso più recente è quello di Totò Riina). Sono questi atteggiamenti, scelte, comportamenti adatti all’habitat di internet? Sono questi i contenuti per cui internet è predisposto, cui gli internauti e noi stessi desideriamo poter accedere? E allora perché considerare estremamente coercitive le intenzioni (e sottolineo, solo le intenzioni) di un senatore, la cui forse scarsa conoscenza informatica non impedisce di aver il buongusto di comprendere quando l’esposizione all’istigazione violenta e razziale diventa così semplice da poter essere raggiunta con un semplice clic? Il web è un posto dove la popolarità si può ottenere in maniera troppo semplice; dove la consapevolezza della velocità dell’informazione, stimola ragazzini a fare bravate che fanno in pochi minuti il giro del mondo. Quale modo più semplice di farsi conoscere da tutto il globo? Dunque educare al suo utilizzo ritorna fondamentale, soprattutto legando tra loro le varie notizie di attualità a nostra disposizione, troppo spesso al centro di enormi polemiche sulla capacità di utilizzo sano di un mezzo indispensabile e quotidiano. (Marco Menoncello per NL)