La recente acquisizione di Motorola Mobility da parte di Google, oltre a rappresentare una colossale operazione di mercato (12,5 miliardi di dollari) segna un ulteriore passo nell’evoluzione dell’economia della rete.
Come dimostra anche l’accordo Microsoft-Nokia (forse anch’esso propedeutico ad un’acquisizione), i produttori di hardware e di software tendono a integrare le proprie risorse; ma sono i secondi, veri protagonisti della rivoluzione digitale in atto, a inglobare i primi e a porsi come punti di riferimento nel prossimo futuro dei dispositivi “connessi”. All’inseguimento del modello Apple, che continua a fare scuola nel settore. Google però ha di fronte un dilemma che ha direttamente a che fare con la sua filosofia di business, non proprio coincidente (almeno finora) con quella del concorrente della mela. Il sistema operativo Android, prodotto dal gigante di Mountain View e valida alternativa all’IOS Apple, è nato e si è sviluppato come open source. Così la sua dirompente diffusione nel mondo degli smartphone (e prossimamente dei tablet PC) non ha praticamente fruttato nulla ai suoi ideatori, producendo invece una pletora di versioni e “dialetti” diversi a seconda degli orientamenti dei produttori di hardware che lo hanno adottato. L’acquisizione di Motorola, uno dei primi fabbricanti di dispositivi dotati di Android, se si confermerà l’intenzione di Google di costruire dispositivi mobili con il proprio marchio da imporre come modello sul mercato, potrebbe portare a un brusco cambio di politica di licensing con la progressiva chiusura del codice del sistema operativo. C’è già chi vocifera di uno spin-off “proprietario” di Android che equipaggerebbe i device marcati Google, mentre il progetto open potrebbe essere pian piano lasciato morire. Se così fosse, sarebbe la conferma che il mondo dell’internet mobile si sta evolvendo verso un modello di business che favorisce i walled garden di pochi e sempre più grandi produttori. Grazie alla crescente forza di mercato e all’integrazione verticale, questi colossi saranno presto in grado di negoziare accordi con le compagnie di telecomunicazioni, per offrire alle proprie community di clienti servizi di connessione più efficienti e opportunamente orientati alle proprie offerte over-the-top (non a caso Google ha acquisito anche la divisione video di Motorola, che produce dispositivi set-top-box per la televisione digitale). Una strategia che, sfruttando anche le “guerre di religione” così diffuse tra gli utilizzatori dei vari dispositivi mobili e rispettivi servizi e marchi, consentirà di massimizzarne la fidelizzazione, così come dettato dall’utopia del marketing. Difficile invece valutare quali potranno essere gli effetti sull’internet libera e neutrale che finora abbiamo conosciuto e che molti si ostinano a considerare un valore imprescindibile. (E.D. per NL)