La prima azienda televisiva privata d’Italia, una delle più importanti d’Europa, si dimentica di rinnovare la sottoscrizione del proprio dominio internet, che così passa ad un anonimo sito di e-commerce di materiale informatico.
Sembrerebbe una barzelletta, ma così non è: se digitate www.mediaset.com vi apparirà la home page in costruzione di “Media Set”, apparentemente uno store di sistemi di archiviazione per server e simili, di proprietà di tale Fenicius LLC con sede in Delaware, USA. Se da una parte il sig. Didier Madiba, titolare della suddetta Fenicius, gongolerà (si fa per dire, in quanto pare non goda di buona salute) per la pubblicità gratuita e il fiume di contatti che si sarà riversato sul suo spazio web, dall’altra in Italia ci si interroga su come si sia consumato il fattaccio e chi ne sia il responsabile. A nulla sono valse le rimostranze e il ricorso opposto da Mediaset alla World Intellectual Property Organization: il dominio finora è perso, l’unica speranza (peraltro non infondata) è quella di poterlo ricomprare dal signor Madiba. Nel fiume di commenti increduli e ironici che circolano sul web, prevalgono due considerazioni. La prima, più scontata, è quella della rivalsa: ovvero, nel mondo della rete Mediaset vale come (e forse un po’ meno) di tutti gli altri. Dopo svariati tentativi (anche riusciti, peraltro) di reprimere i veri o presunti usi illegali dei propri contenuti su internet, ecco arrivare la giusta punizione. La seconda riflessione, una volta superata la tentazione di fare del facile sarcasmo sul gigante dei media trombato da un produttore di “media-set”, riguarda invece lo scarso peso che viene evidentemente attribuito alla piattaforma web nel modello di business dell’azienda del biscione, nonostante i recenti tentativi, più o meno riusciti, di integrare la presenza in rete con i tradizionali canali broadcast. L’idea di lasciare per strada un dominio .com è di quelle che popolano i peggiori incubi di titolari e manager di milioni di aziende sparse per il mondo, che sanno quanto sia fondamentale difendere il proprio marchio tra i nomi di internet. Quantificare le perdite che saranno determinate dalla clamorosa svista è prematuro, ma se il recupero del dominio potrà avvenire in tempi relativamente brevi, al danno di immagine non sarà facile ovviare. Tutta la presenza web del gruppo è stata reindirizzata su mediaset.it: un simbolico downgrading a livello “provinciale” che non comporterà solo l’ovvia perdita di visibilità, ma anche un brusco ridimensionamento della credibilità internazionale del network. Ne usciranno rafforzate le opinioni di chi ha sempre dipinto l’azienda di Cologno Monzese come una media company del secolo scorso, incapace di rinnovarsi e arroccata sul core business della televisione tradizionale. Un’impresa il cui management affronta le sfide imposte dalla rete snobbandole o, peggio ancora, adottando la logica del muro contro muro: un misto di supponenza e paura dell’innovazione. Atteggiamenti che emergono anche tra le righe delle premesse e delle motivazioni che il WIPO ha portato a sostegno della propria decisione: tra errori procedurali e carenza di elementi probanti, si manifesta l’immagine di un’azienda non avvezza a muoversi nelle regole della rete, ma soprattutto non abituata a doversi difendere dalle ineccepibili pretese di un Madiba qualsiasi, al di fuori del confortevole contesto politico-normativo-giudiziario del paese d’origine. Non proprio un profilo da multinazionale della comunicazione, insomma. C’è sempre tempo di imparare, prima di essere travolti dalle internet company. (E.D. per NL)