L’ha detto Murdoch, il re della tv a pagamento: l’informazione su Internet presto sarà solo pay. Ovviamente non è vero. Le news gratuite scamperanno e saranno sempre la maggior parte. Però, secondo il teorema dell’Australiano, chi vorrà accedere ad un certo tipo di fonti, specialistiche, ultraqualificate o soltanto puntuali, dovrà pagare. Poco o tanto che sia, ma dovrà farlo; perché, pare, il web non tira sera coi soli banner. Il profeta della tv a pagamento non sbaglia in assoluto; però eccede nella previsione. Quella prospettata sarà difatti una fase transitoria, dato che la rete 2.0 si fonderà sul business delle banche dati (nel senso più ampio del termine). L’informazione essenziale e generalista, infatti, è e deve rimanere gratis e se una piccola parte di essa diventerà a pagamento, lo sarà solo per un breve periodo: il tempo di veder crollare gli accessi ai siti pay (e quindi far infuriare gli inserzionisti), languire gli abbonamenti e sgretolarsi il potere d’influenza. Lo sganassone telematico persuaderà gli emuli del patron della News Corp. a fare marcia indietro. Diverso invece il caso dell’accesso agli archivi storici e a quelli di natura giuridica, economica, finanziaria, tecnica: lì le testate, soprattutto specializzate, amplieranno l’orizzonte commerciale, facendosi pagare per le attività di ricerca e approfondimento. Il tutto gratis su Internet è finito. Ma il tutto a pagamento, non nascerà mai. Perché se un principio funziona in tv non è detto che diventi regola assoluta.