Facebook, YouTube, ITunes, le "killer application" dell’attuale internet, sintetizzano nei loro marchi e nei relativi servizi ciò che gli utenti della rete vogliono e cercano più di ogni altra cosa: relazioni, video, musica.
E pur di soddisfare i propri bisogni, quegli stessi utenti sono disposti volentieri a cedere un po’ della loro preziosa "vita digitale" ai padroni della rete. La diffusione globale e la facilità di accesso e di fruizione di questi servizi ha permesso a chi li gestisce di costruire immensi archivi contenenti identità, idee, gusti e desideri di centinaia di milioni di persone. Ora tutti si chiedono in che modo sia possibile usare questi database, ovvero come "monetizzare" l’enorme mole di informazioni a disposizione. E naturalmente, nell’ottica della concorrenza che anima la rete, ognuno cerca di portar via quote di mercato ai chi opera negli altri settori. Così Apple ha appena lanciato il suo social network associato a ITunes, Ping, che pare abbia già riscosso notevole successo tra gli appassionati di musica. Una delle possibilità più interessanti era quella di poter importare gli "amici" di Facebook anche nel nuovo ambiente. Ma sembrerebbe che Steve Jobs abbia fatto i conti senza… Zuckerberg, ovvero non abbia sottoscritto il necessario accordo con il social network più famoso al mondo. Risultato: per ora nessuna interazione fra le due reti e fra i due database. Ma si dà il caso che a entrambi faccia molto gola la possibilità di interoperare con gli archivi altrui, cosicché tutti sono disposti a giurare in una futura intesa. E intanto Google, appena lanciato il tentativo di far fruttare YouTube trasformandolo in una televisione pay-per-view, si prepara a fornire il proprio servizio di download musicale, collegato al motore di ricerca e accessibile da tutti i dispositivi (smartphone, soprattutto) dotati del sistema operativo Android. Il modello è naturalmente quello di ITunes, ma la casa di Mountain View sembra puntare più lontano, ovvero all’offerta di musica dal "cloud", in streaming su qualsiasi device mobile, senza memorizzazione in locale. D’altra parte voci di corridoio dicono che anche Apple si sta muovendo nella stessa direzione… In sostanza sarà difficile che i concorrenti riescano a scalfire più di tanto le posizioni di forza che ogni marchio ha nel suo settore di competenza, ma ciò che appare sicuro è che, al di là delle schermaglie di mercato, converge l’interesse dei "grandi fratelli" della rete a scambiarsi (o rubarsi) informazioni sugli utenti per poi sfruttarle secondo i rispettivi modelli di business. In attesa della prossima "killer application" che, c’è da scommetterci, sta già nascendo in qualche laboratorio della Silicon Valley. (E.D. per NL)