L’evoluzione tecnologica che stiamo vivendo è legata alla complessità crescente di un’infrastruttura di collegamento che diventa sempre più capillare e invasiva. Ma di tale complessità non siamo obbligati ad essere consapevoli.
La ragnatela mondiale (World-Wide Web) ha potuto raggiungere questa immanenza anche e soprattutto grazie alla capacità di infiltrarsi silenziosamente e senza grandi sconvolgimenti nelle vite di tutti noi. Internet sta riuscendo nell’impresa di mutare da astruso strumento di comunicazione riservato ad un’elite di scienziati, tecnici e maniaci dell’informatica a supporto costante, discreto ma sempre più indispensabile, di tutte le attività umane; usata e sfruttata anche da chi di informatica e telecomunicazioni non vuole nemmeno sentir parlare. C’è chi sostiene che il corretto uso dei media dovrebbe passare attraverso un’azione educativa che insegni alle persone non solo come sfruttarne le caratteristiche, ma anche come difendersi dalle insidie. Nobile proposito, che però nel caso di internet si scontra con le logiche del business, le quali impongono velocità di diffusione e penetrazione sempre più esasperate. L’alfabetizzazione può aspettare, intanto si fanno brillare i mille specchietti per allodole di un digital entertainment che trasforma la realtà in senso magico e inconoscibile. Tutto ciò ha molto a che fare con la visione del mondo semplificata e gioiosamente infantile che la televisione commerciale ha imposto a tutto il mondo cosiddetto “civilizzato” negli ultimi cinquant’anni. Se oggi internet si sta contaminando reciprocamente con il mondo televisivo che avrebbe dovuto fagocitare, è proprio perché i soggetti che fanno business in rete sentono di essere ormai pronti per balzare oltre i monitor dei PC e sbarcare nei salotti di casa. E per affrontare il nuovo mercato sanno di dover mutuare modelli di fruizione che in passato hanno funzionato perfettamente con quelli che abbiamo sempre chiamato mass-media. I colossi del software, già molto concentrati nello sforzo di offrire ai propri utenti servizi facili da usare e fonti infinite di intrattenimento a portata di un clic di mouse, ora si stanno rendendo conto che, per giungere veramente ad essere componente essenziale della vita quotidiana di miliardi di persone, si deve cominciare a pensare anche alla semplificazione dell’interfaccia fisica attraverso la quale gli individui interagiscono con i dispositivi “connessi”. Il mondo dell’elettronica di consumo è già da tempo dominato da apparecchi che contengono al loro interno tanti piccoli computer, ma l’appellativo di “smart” è diventato di moda solo recentemente, ad evidenziare il ruolo dell’“intelligenza” come elemento imprescindibile per governare l’universo caotico della multimedialità. Così i televisori si stanno emancipando dal ruolo di macchine da zapping per diventare centri di intrattenimento dalle innumerevoli funzioni, e i telecomandi sono diventati aggeggi sempre più simili a tastiere di computer. Nello stesso tempo proprio il computer, terminale principe della rete, si sta trasformando in una macchina sempre più piccola, leggera e maneggevole, che risponde a comandi essenziali e facili da ricordare e richiamare: è la rivoluzione degli smartphone e degli altri device mobili, la cui interfaccia è dominata dalle app, veri e propri sostituti virtuali dei tasti di un famigliare telecomando. La convergenza degli strumenti di input-output sul modello dell’interazione tattile e gestuale inaugurata da smartphone e tablet non sembra però aver portato per ora alla sintesi giusta, quella in grado di mettere a disposizione di tutti gli utenti, anche quelli meno smaliziati, le potenzialità dei nuovi apparecchi digitali. Ecco allora che si fa strada la convinzione che anche l’interfaccia-telecomando abbia ormai fatto il suo tempo, e ci sia bisogno di nuovi modelli che spostino ancora di più il luogo di gestione della complessità, ovvero l’intelligenza, dall’uomo alla macchina. Apple, da sempre all’avanguardia in questo campo, sta sperimentando un’applicazione di comando vocale che potrebbe costituire il nucleo innovativo della prossima i-TV, mentre Microsoft progetta di fare del proprio X-Box una stazione multimediale, televisione compresa, interfacciabile tramite Kinect, il noto sistema di sensori che interpreta voce e movimenti. L’implementazione software di questi strumenti attinge agli studi di intelligenza artificiale, ma il loro livello di sofisticazione è evidente solo per gli addetti ai lavori. L’immediatezza, quasi indifferenza, con cui simili gioielli di tecnologia vengono assimilati dagli utenti è invece sorprendente. Tutto ha un prezzo, ovviamente. La semplificazione riduce il senso critico e la capacità di analisi; la mancanza di consapevolezza sul funzionamento degli strumenti che usiamo ci espone alla manipolazione; l’abbandonarci alle magie tecnologiche di questo o quel produttore può imprigionarci in attraenti walled garden che però nulla hanno a che fare con la libertà dell’uso consapevole della rete nel suo complesso. La rivoluzione di internet ha avuto come segno distintivo l’emancipazione dei suoi utenti da semplici fruitori ad attori protagonisti di un modello comunicativo non più a senso unico. La sua normalizzazione a scopi di intrattenimento di massa non potrà che ridurne il potenziale innovativo e ricondurre tutto a vecchi e ben noti modelli di business. La strada sembra già tracciata, anche se le vie della rete, si sa, sono imprevedibili. (E.D. per NL)