Non è la prima volta, non sarà l’ultima. E ciò che è peggio è che anche le nuove generazioni d’internauti cinesi, i più numerosi al mondo, iniziano a farci il callo.
E’ la censura sul web la peste cinese del ventunesimo secolo, segno inequivocabile, se mai ce ne fosse bisogno, che il paese del dragone rosso, seppur abbia assunto le parvenze d’una potenza globalizzata e globalizzante, sul piano dei diritti non si muove d’un centimetro, fermo nel suo annoso, millenario, immobilismo irritante, provocatorio, alienante. E la censura sul web, in Cina, ha colpito ancora, anche se oramai non fa più notizia. Ciò che fa notizia, invece, sono i vent’anni di piazza Tienanmen, che ricorrevano gusto due giorni fa. Spaventato da ciò che sarebbe potuto succedere se qualcuno avesse solamente osato decidere di far sapere ai giovani cinesi di oggi cosa accadde nella Cina di ieri, che poi è molto simile alla Cina di oggi, il governo cinese ha pensato bene di oscurare quei canali non convenzionali su cui sarebbero potute scorrere le informazioni tanto osteggiate per anni dal governo di Pechino e che questo dannato web si ostina a voler rendere note, beffandosi dei sofisticati servizi di sicurezza. È così che dalle 23, ora di Parigi, del 2 giugno, il sito di messaggeria Twitter è bloccato, oscurato, inaccessibile. Stesso dicasi per YouTube (oramai un habitué), l’archivio fotografico Flickr e le piattaforme Blogger e WordPress. Tutti possibili dissidenti. Tutti da zittire preventivamente, non come accadde alcuni mesi fa, quando YouTube diffuse alcuni video dei massacri in Tibet ed il governo cinese dovette palesemente oscurarlo, bacchettarlo, prima di riaprirlo. A diffondere la notizia degli ennesimi casi di censura preventiva in Cina sono stati la Reuters ed il giornalista Mark MacKinnon, corrispondente del quotidiano canadese “The Globe and Mail”, a confermarla il sito Herdictweb, creatura del centro di ricerca Berkman dell’Università di Harvard, addetto al controllo dell’accessibilità dei siti web sul tutto il territorio mondiale. E, anche quest’anno, a vent’anni dai fatti di piazza Tienanmen, la maggioranza dei giovani cinesi, delle future classi dirigenti del Paese, dei futuri colonizzatori del mondo internettiano e del mercato globale, non hanno la più pallida idea di cosa successe il 4 giugno 1989 a piazza Tienanmen, che per loro resta soltanto una delle piazze principali di Pechino. “A causa delle censure ci sono giovani cinesi del tutto ignari di quello che accadde quella notte”, dicono da Reporter senza Frontiere. E ribattono: “Interrompere le comunicazioni e impedire la libertà di movimento non fermerà la lotta degli attivisti per i diritti umani e non li farà desistere dal ricordare il ventesimo anniversario della repressione di Tienanmen. Più aumenta la persecuzione, più aumenta la richiesta di verità”. Sarà, ma per ora le nuove generazioni di cinesi, anestetizzate da anni di silenzio, sono come in una bolla di vetro. E continuano a sonnecchiare. (Giuseppe Colucci per NL)
L’immagine è di Guy Billout