Gli operatori di rete locali godranno di posizioni di vantaggio nell’imminente gara per l’attribuzione delle frequenze DTT a vario titolo disponibili (in primis quelle residuate dalla fallimentare gara per l’assegnazione del dividendo Tv locali, UE permettendo, ovviamente).
Lo dispone un emendamento all’interno della legge di Stabilità che sarà esaminato dalla commissione Bilancio del Senato. La decisione mira a compensare il fatto che il settore tv locale rischia di essere sterminato (76 le stazioni interessate, concentrate soprattutto nelle regioni che si affacciano sull’Adriatico) nell’ambito dell’epurazione dei canali interferenti con le emissioni estere, causata da una scellerata pianificazione disposta dal Ministero dello Sviluppo Economico nel silenzio dell’Agcom e dei sindacati di categoria, che al tempo avevano sottovalutato (se non omesso di considerare) il gravissimo problema (invero noto a tutti, stante la conoscenza pubblica e pacifica delle assegnazioni incompatibili col quadro radioelettrico internazionale). Per superare il problema il governo aveva già previsto uno stanziamento d’indennizzi di 20 mln di euro, poi elevati a 51, ma considerato tuttora insufficienti (ne servirebbero almeno 100 solo per compensare i costi sostenuti da coloro che, sulla scorta di assegnazioni ventennali, avevano effettuato investimento ora vanificati) ed una proroga al 30/04/2015 dell’iniziale scadenza del 31/12/2014. In realtà, delle frequenze disponibili solo i canali UHF 58 e 60 sono considerati appetibili (in quando concretamente utilizzabili stante il parco antenne riceventi e le particolari caratteristiche della banda utilizzata) e proprio per ciò saranno messe a gara con la formula del beauty contest (gara non onerosa, che prevede l’attribuzione ai soggetti che presenteranno il miglior progetto aziendale) con l’annotazione singolare che dovranno essere valutati con favore soprattutto i piani imprenditoriali dei network provider locali, soprattutto di natura consortile. Gli indennizzi, invece, sosterranno quasi esclusivamente le imprese editrici con maggiori dipendenti, impegnati sul piano editoriale e dal miglior riscontro di audience, smentendo proprio quella previsione normativa che aveva favorito la scissione delle attività di content e network provider (in sostanza, dopo aver spinto gli operatori verso la distinzione netta dei ruoli, ora si premia chi non l’ha fatto…). Insomma, il solito pasticcio che ingegenererà certamente ricorsi giudiziali quantomeno per disparità di trattamento ed errata interpretazione o applicazione di norme di legge, aggiungendo ulteriore incertezza ad un comparto alla disperata ricerca di stabilità. (M.L. per NL)