Intercettazioni: per la stampa le indagini diventano top secret

Il Parlamento mette il bavaglio alla stampa: le redazioni di cronaca giudiziaria potranno anche chiudere qualora il “ddl Alfano” dovesse diventare legge


(Franco Abruzzo.it) Secondo l’articolo 2 del testo, che ha ottenuto il via libera in commissione, sarà infatti vietata la pubblicazione di ogni atto dell’indagine preliminare, anche se solo per riassunto, e di ogni altro atto che verrà “acquisito al fascicolo del Pm o del difensore, anche se non sussiste più il segreto, fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”

Roma, 11 febbraio 2009. “Hanno messo il bavaglio alla stampa”, le redazioni di cronaca giudiziaria potranno anche chiudere, per non parlare poi di trasmissioni tv come “Porta a Porta” che potranno anche scordarsi di puntate come quelle “dedicate a Cogne.”. L’allarme lanciato dall’opposizione al termine della seduta della commissione Giustizia della Camera è quello che forse rende al meglio il senso della norma del ddl intercettazioni che è stata appena approvata dalla maggioranza. Secondo l’articolo 2 del testo, che ha ottenuto il via libera in commissione, sarà infatti vietata la pubblicazione di ogni atto dell’indagine preliminare, anche se solo per riassunto, e di ogni altro atto che verrà “acquisito al fascicolo del Pm o del difensore, anche se non sussiste più il segreto, fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”. In più sarà vietata la pubblicazione del contenuto o della sintesi di intercettazioni di cui sia stata ordinata la distruzione. E’ vero, come spiega il presidente della commissione Giustizia della Camera Giulia Bongiorno, che sulle sanzioni si sta ancora discutendo perché per il momento è stato accantonato un emendamento, a prima firma Deborah Bergamini, che aggiungeva alle condanne già previste quella per violazione della privacy che comporta il carcere da uno a tre anni, ma “la gravità della misura”, commenta il ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia, è comunque “evidente”. Se infatti questa norma dovesse diventare legge, non si potrà più scrivere né dell’iscrizione nel registro degli indagati di qualcuno, né di quello che emergerà di volta in volta nel corso delle indagini. Se insomma questa norma fosse stata approvata anni fa non sarebbero mai potuti nascere casi come quello di Cogne o di ‘Via Poma’, o uno scandalo come quello della clinica Santa Rita, o come quello di Perugi a. Per i media le indagini diventeranno semplicemente ‘top secret’ fino al termine dell’udienza preliminare. “Sono assolutamente d’accordo che una fase delle indagini, almeno fino a quando anche le parti non vengano informate, sia coperto da segreto – osserva Giulia Bongiorno – ma credo che sui tempi e cioé sulla durata di questo divieto si dovrà ancora discutere per quando il ddl arriverà all’esame dell’ Aula. Si dovrà cioé ancora riflettere, a mio avviso, se vietare o meno la pubblicazione del contenuto di questi atti fino alla fine delle indagini preliminari. Oppure anticipare questo limite”.

Del resto – osserva il parlamentare del Pdl Nino Lo Presti – gli abusi ormai sono la norma e si è persa completamente la misura. Quindi si doveva intervenire». Al momento, dunque, malgrado i problemi che la norma pone non solo ai giornali ma anche alle tv, in particolare ai talk show che sulla tv pubblica e privata seguono l’andamento dei processi, nè il governo nè la maggioranza sembrano intenzionate a rinunciare al principio. «Sui tempi del divieto di pubblicazione si può aprire una riflessione», dice il sottosegretario Giacomo Caliendo uscendo dalla commissione. Ma nulla di più. «Una fase delle indagini – ribadisce Giulia Bongiorno – deve restare coperta da segreto» anche per consentire agli imputati una difesa adeguata. (ANSA).

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