“La volontà di sanzionare il giornalista che pubblica notizie provenienti da atti giudiziari secretati, invece che cercare e punire severamente coloro che essendo tenuti al segreto o alla custodia degli atti secretati per ragioni di ufficio, riduce la capacità del controllo democratico dell’opinione pubblica sui comportamenti delle istituzioni, le più delicate e rilevanti, per il mantenimento di uno Stato di diritto e per un corretto esercizio dell’azione giudiziaria”. Lo dice il responsabile Giustizia dello Sdi, Enrico Buemi, a proposito della discussione sul provvedimento sulle intercettazioni. “Il problema delle diffusione di contenuti provenienti da atti giudiziari secretati -prosegue Buemi- esiste ed è un fenomeno grave che produce lesioni importanti a diritti fondamentali del cittadino. Tutto ciò, però, non può essere contrastato con una riduzione di altrettanto importanti diritti fondamentali quale quello dell’essere informati e conseguentemente della libertà di stampa. Il diritto della libertà di stampa e del giornalista non può avere altro limite e condizionamento se non quello della deontologia professionale e della propria coscienza, fermo restando l’obbligo a diffondere fatti veri e non falsi”. L’esponente socialista conclude: “Certo è più facile colpire un giornalista che i protagonisti delle inchieste: magistrati, investigatori, imputati, avvocati e collaboratori vari di tutti, che per ragioni diverse di protagonismo, di tattiche processuali, di messaggi trasversali o anche solo si interessi economici diffondono contenuti non utilizzabili se non ai fini del processo”. (Pol/Col/Adnkronos) 03-APR-07 17:33