Intercettazioni. Berlusconi: 5 anni a chi le ordina, ne fa impiego e le pubblica. Insorge la magistratura (dalla memoria corta)

Giro di vite in arrivo sulle intercettazioni. Sì dei magistrati all’utilizzo ed alla pubblicazione delle intercettazioni. Ma nessuno rileva il contrasto della rivendicazioni della magistratura con il caso scanner/Merateonline


I magistrati si scandalizzano per l’approvazione da parte del governo Berlusconi del provvedimento anti-intercettazioni, che limiterà l’uso delle intercettazioni e la pubblicazione delle stesse (su cui, in verità, e va detto, si è parecchio abusato negli ultimi anni). Nessuna rappresentanza degli indignati magistrati, tuttavia, aveva preso posizione sull’incredibile caso scanner/Merateonline, dove è stato censurato non l’impiego di una intercettazione (che giuridicamente è “l’azione diretta a consentire la presa di cognizione del contenuto di una conversazione intercorrente tra altre persone“), bensì l’ascolto di una trasmissione volutamente non criptata per piena consapevolezza (e quindi volontà) del trasmittente e ricevibile attraverso normali apparati in vendita senza limitazione di acquisto (sicché, per condiviso principio tecnico-giuridico, accessibile a chiunque anche nell’impiego). Quindi, mentre nel primo caso l’inviolabilità della libertà e della segretezza d’ogni forma di comunicazione, costituzionalmente garantita, viene messa a dura prova (soprattutto quando ad essere intercettati sono soggetti nemmeno sottoposti ad indagini preliminari, in barba al principio della limitazione all’utilizzo solo per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei casi e nei modi stabiliti dalla legge), nel secondo caso viene stigmatizzato il semplice ascolto di trasmissioni per principio tecnico diffuse “in chiaro”.
Due pesi e due misure, quindi? Certo, come al solito.

di Marco Dell’Omo/ANSA

Roma, 7 giugno 2008. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, durante il suo intervento all’assemblea dei giovani industriali a Santa Margherita ligure, annuncia che il prossimo consiglio dei ministri approverà un provvedimento anti-intercettazioni con una pesantissima previsione di carcere per chi violerà le regole: cinque anni ai trasgressori, senza distinzioni tra chi le intercettazioni le esegue e chi le diffonde sulla stampa. Sarà un «divieto assoluto», ha spiegato Berlusconi alla platea dei giovani industriali: le intercettazioni potranno essere eseguite e utilizzate solo nelle indagini sul terrorismo e sulla criminalità organizzata. L’annuncio è stato accolto con preoccupazione dall’Associazione Nazionale Magistrati: «Lo strumento delle intercettazioni – ha sostenuto il presidente dell’Anm Luca Palamara – è fondamentale per le investi gazioni non solo sui reati più gravi, ma anche per quelli comuni come le estorsioni. Una selezione drastica rischia di restringere la possibilità di indagare». Perplessità anche da parte dei giornalisti: l’unione nazionale cronisti ha stigmatizzato il ritorno della minaccia del carcere per chi «svolge il suo lavoro correttamente rendendo note le notizie di cui è venuto in possesso». Ma il governo sembra intenzionato ad andare avanti. Il ministro delle Giustizia, Alfano, ha puntato l’indice contro i costi delle intercettazioni, che rappresenterebbero «il 33% dei costi complessivi della Giustizia», un «eccesso cui bisogna porre rimedio». La presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, è già pronta a mettere il testo all’ordine del giorno, non appena arriverà all’esame del Parlamento. «Le intercettazioni – spiega – non possono essere usate come una rete da pesca. Una parte della magistratura ne ha fatto un uso eccessivo». Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl, è d’accordo sulla necessità di usare le intercettazioni solo per la lotta alla criminalità e al terrorismo, limitando invece «lo spreco di risorse». Decisamente contrario il Pd, che teme intralci per la giustizia e le forze dell’ordine: «Berlusconi – commenta il ministro ombra della Giustizia Lanfranco Tenaglia – perde il pelo ma non il vizio. Altro che sicurezza e certezza della pena con questo provvedimento non si fa altro che garantire impunità e intralciare il lavoro delle forze dell’ordine, che rischieranno addirittura di essere loro stesse incriminate, arrivando al paradosso di mettere in carcere il controllore al posto del controllato». Il Pd è invece favorevole a una legge che tuteli la privacy dei cittadini e dunque limiti la pubblicazione delle intercettazioni. Posizione condivisa anche dai dipietristi dell’Idv: secondo il capogruppo Massimo Donadi, inoltre, il carcere per i giornalisti rappresenterebbe «un bavaglio alla libertà di informazione». «Evidentemente Berlusconi vuole mettere in libertà vigilati i cronisti italiani», commenta Giuspette Giulietti, deputato Idv e segretario dell’associazione art.21. (ANSA).

da Franco Abruzzo.it

INTERCETTAZIONI: FNSI, GALERA PER CRONISTI ATTO CONTRO CONVENZIONI INTERNAZIONALI. SIDDI, COME DICE BERLUSCONI GIORNALISTI HANNO OBBLIGO DI ‘PROPALARE’.

Roma, 7 giugno 2008. «Ci risiamo! E non ci stiamo! La Fnsi non ci sta. La galera per i giornalisti fino a cinque anni per la sola ragione di aver pubblicato notizia o atti di intercettazioni, che altri dovevano semmai custodire, sarebbe un atto fuori legge. Il diritto-dovere di dar conto di indagini in corso e quelle del pubblico a riceverne informazione prevale sulle esigenze di segretezza, come ha stabilito, un anno fa, la Corte europea dei diritti dell’uomo». Lo afferma Franco Siddi, segretario generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Fnsi. «Con il massimo rispetto per il presidente del Consiglio dei Ministri e con la migliore attenzione al rispetto della dignità delle persone e dei diritti alla riservatezza -aggiunge Siddi- non potremmo mai considerare norma liberale quella che imponga un bavaglio alla stampa. Non si può canc ellare per legge, come sarebbe con la previsione di 5 anni di carcere, l’obbligo del giornalista di dar conto delle notizie provenienti da intercettazioni della magistratura, che va ricordato vengono pubblicate quando sono di pubblico interesse».

«I giornalisti non sono nè debbono essere semplice ‘buca delle letterè o delle ‘soffiate ma hanno l’obbligo deontologico di ‘propalare, come dice l’onorevole Berlusconi -prosegue il segretario Fnsi- meglio di divulgare, far conoscere, notizie fondate su fatti, atti e comportamenti veri, lealmente accertati come tali, che siano e che debbono essere conosciuti dai cittadini ai fini di un libera formazione dei propri convincimenti, sia rispetto a chi finisce in un’inchiesta penale ma anche perché sia osservabile come procedono le inchieste stesse».

“Il Governo stabilisca le regole e gli ambiti in cui siano possibili le intercettazioni, pensi alla lotta a tutti i crimini più gravi ma non comprima mai l’esercizio dei poteri e delle funzioni di garanzia democratica. Bisogna mettere i magistrati nelle condizioni di amministrare -aggiunge Siddi- con efficacia la giustizia, risorse, organici, strumenti, e i cittadini in quelle di essere correttamente informati da una stampa libera che non può avere mai il compito di oscurare le notizie scomode”.

La tutela della privacy da parte dei giornalisti, spiega il segretario generale Fnsi, “è regolata da uno specifico codice deontologico, condiviso con il Garante per la protezione dei dati personali. Qualche meccanismo non va? Se ne parli e si decida, ma no a bavagli ideologici”. “Non risulta, peraltro -prosegue- che la questione privacy sulle intercettazioni sia stata sollevata per la gente comune ma solo da personaggi noti, per i quali la tutele dei dati è fortemente attenuta”. “Vogliamo, infine, rassicurare il presidente Berlusconi e tutti coloro che ieri come oggi, di quasi tutti i colori politico, hanno pensato a leggi bavaglio: la Fnsi non invoca libertà d’insulto e crede fermamente nella tutela della dignità di tutte le persone. Così come ieri sul disegno di legge Mastella, la Federazione Nazionale della Stampa Ita liana e i giornalisti italiani si opporranno a ogni provvedimento -conclude Siddi- che contrasti con questi principi essenziali che fanno parte della nostra civiltà”. (Adnkronos)

INTERCETTAZIONI: UNCI, TORNA MINACCIA CARCERE PER CRONISTI.

Roma, 7 giugno 2008. «Torna la minaccia del carcere per i cronisti che svolgono il loro lavoro correttamente riferendo le notizie di cui sono venuti in possesso. Addirittura la pena di 5 anni di reclusione, ha anticipato oggi il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, sarà prevista, per chi propagherà il contenuto di intercettazioni telefoniche, da un provvedimento che sarà presentato nel prossimo Consiglio dei Ministri». Lo sottolinea in una nota l’Unione Nazionale Cronisti Italiani, che «in attesa di conoscere nei dettagli il testo del provvedimento annunciato, sottolinea che non è possibile fare confusione tra intercettazioni realizzate in modo abusivo e quelle disposte dalla magistratura e che il contenuto di queste ultime, quando è allegato nei provvedimenti di richiesta di rinvio a giudizio, e quindi è stato por tato a conoscenza dell’indagato, diventa pubblico». L’Unci sostiene pertanto che «iniziative proposte per tutelare la privacy, come ha detto l’altro ieri il Ministro della Giustizia Angelino Alfano, non possono essere utilizzate per ridurre la libertà di stampa e il diritto dei cittadini di essere informati in modo completo e tempestivo sull’andamento delle indagini giudiziarie». L’Unione Cronisti quindi, «invita Fnsi, Ordine dei giornalisti e l’intera categoria a vigilare per evitare che si ripeta il tentativo di eliminare il diritto-dovere di cronaca contenuto nel provvedimento proposto dall’ex ministro Mastella nella scorsa legislatura». (ANSA).

INTERCETTAZIONI: TOGHE; NO STRETTA, COSI’ SI DEPENALIZZA.

Roma, 7 giugno 2008. I magistrati bocciano la stretta annunciata dal premier sulle intercettazioni e in particolare l’idea di limitarle solo alle indagini su criminalità organizzata e terrorismo. E avvertono: così si rischia di fatto di depenalizzare alcuni reati. «Lo strumento delle intercettazioni è fondamentale per le investigazioni non solo sui reati più gravi, ma anche per quelli comuni come le estorsioni. – dice il presidente dell’Anm Luca Palamara- Una selezione drastica rischia di restringere la possibilità di indagare». Certo, ammette il leader del sindacato delle toghe, «altra cosa è la pubblicazione delle intercettazioni: va trovato il giusto equilibrio tra il diritto alla riservatezza e quello all’informazione». «Un maggior rigore nel rispetto della privacy è doveroso e molto si può fare per evitare divulgazioni indebite – riconosce Edmondo Bruti Liberat i, procuratore aggiunto a Milano e presidente di Magistratura democratica- – ma per diversi tipi di reati le intercettazioni sono strumenti essenziali per raccogliere prove; escluderle per corruzione, concussione, insider trading, significa di fatto depenalizzare questi reati». Anche l’ex procuratore di Torino Marcello Maddalena sottolinea che le intercettazioni sono «uno strumento fondamentale per tutta una serie di reati». E restringendone il campo, «si diminuiscono le possibilità di scoprire gli attori di questi reati». E Antonino Ingroia, pm a Palermo avverte: «il nodo delle intercettazioni è fondamentale :il futuro di indagini sulla criminalità dei potenti dipende dalla tenuta degli strumenti investigativi». (ANSA)

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