Insight Millecanali – Digital Radio – Si è tenuto ieri a Milano il seminario della storica rivista sulle Tecnologie e nuovi modelli di business radiofonico

Editori ed operatori storditi dal bombardamento di standard disponibili. Più che mai necessaria una riflessione


Ottima ambientazione (ideale la logistica, ad un passo dalla tangenziale, vicino a Linate e senza problemi di parcheggio) ed organizzazione, interessanti gli argomenti ed autorevoli i relatori. Possiamo quindi tributare senza tema a Millecanali il successo dell’iniziativa di cui abbiamo dato conto su queste pagine.
L’argomento alla base dell’Insight era, appunto, il digitale radiofonico, la chimera del medium di cui si parla (e straparla) da quasi 25 anni, ma che non ha mai ottenuto una concreta applicazione.
In sostanziale coincidenza con la ricognizione promossa dall’Agcom, Millecanali ha analizzato, anche attraverso il contributo di esperti, non tanto il “DAB-T Eureka 147”, nel quale ormai nessuno crede più, quanto l’evoluzione dello stesso (DMB) e le nuove soluzioni venute alla ribalta negli ultimi anni (o mesi) quali: IBOC (HD Radio), DRM, DRM +, DAB-S, DVB-T, DVB-H, DVB-S, DAB-IP. Una pletora di acronimi difficile da ricordare da parte degli stessi esperti, che, se stordisce chi di radio ci vive, si può ben immaginare che effetto possa avere su un’utenza già eccessivamente bombardata da un’incessante (e per certi versi insostenibile) evoluzione di standard in altri settori di quotidiano confronto (si pensi ai supporti audio, ai formati della tv, a quelli dei p.c., solo per fare gli esempi più banali) .
Gli interventi, tutti prestigiosi, hanno evidenziato all’unanimità il convincimento che (anche) il futuro della radio sarà digitale (ma, questa, in fondo, è un’ovvietà…): certo qualche illustrazione è sembrata un po’ magniloquente, taluna incerta, qualcun’altra un po’ fuori tempo massimo; ma, in generale i contributi forniti sono risultati importanti, se non altro per acquisire un quadro dell’attuale stato dell’arte del digitale radiofonico, che è apparso molto, ma molto confuso.
Girando tra gli operatori e soprattutto tra gli editori presenti (invero meno di quanto ci aspettavamo, in controtendenza con la presenza dei tecnici, che è invece stata notevole), parlando con loro, ascoltandone i commenti è emersa la sostanziale tendenza ad un attendismo: meglio temporeggiare in attesa di individuare quale sarà lo standard che sopravvivrà alla inevitabile lotta intestina prima di lanciarsi in investimenti che potrebbero risultare pesanti ed improduttivi.
Pertanto se DMB, DRM, DRM +, DAB-S sono, di fatto, considerati soluzioni interessanti ma difficilmente tra loro complementari (e solo teoricamente convergenti), diverso è risultato l’interesse verso altre tecnologie già impiegate per veicolare prodotti a latere (tv e telefonia in primis), che quindi potrebbero essere sperimentate senza insostenibili investimenti o ingiustificati rischi d’impresa: è il caso del DAB-IP, del DVB-T, del DVB-H e del DVB-S.
Molto interesse, a riguardo, ha generato il locale stand della Unitedcom, che ha proposto le soluzioni di streaming audio e video su Internet con il progetto superstreaming (testabile sull’omonimo sito) sia con attinenza al simulcasting (anche mobile) che, soprattutto alla tendenza emergente della tv (e radio) on demand: la possibilità di domiciliare sul web le trasmissioni (o porzioni delle stesse) già andate in onda via etere è ritenuta di grande attualità da parte degli editori.
Ma in realtà, chissà perché, l’occhio di tutti cadeva inevitabilmente su quel curioso manufatto che in sordina RVR aveva esposto in un angolo del convegno. Zitta zitta, l’azienda di tlc bolognese aveva negoziato con gli americani di Ibiquity la commercializzazione dello standard più quotato in USA per la digitalizzazione non traumatica del medium radiofonico (il sistema In Band On Channel permette di veicolare contemporaneamente trasmissioni analogiche e digitali sulle antiche frequenze FM). Senza troppo clamore, RVR ha sperimentato con successo in Italia (ed in Svizzera) quella che molti operatori aprioristicamente consideravano una soluzione non importabile nel nostro mercato (per questioni tecniche legate alla necessità di una elevata occupazione di banda, +/- 200 KHz, che nell’attuale congestione dell’etere italiano risulta effettivamente difficile da conseguire) ed ha “scoperto” che tale tecnologia presenta una combinazione di vantaggi notevole, quali: l’impiego (mediante mero upgrade) della attuale rete di distribuzione del segnale (cioè le “costose” frequenze FM, patrimonio essenziale delle emittenti esistenti), costo molto contenuto dei sistemi di ricezione, piena compatibilità di emissioni analogiche e digitali. Certo occorrerebbe incentivare ulteriormente i processi di compatibilizzazione, razionalizzazione ed ottimizzazione delle frequenze FM. Ma a questo i nostri editori sono già abituati, sicché trattasi di un’incombenza che li spaventa molto meno che l’installazione di nuove infrastrutture tecniche dal costo certo ma dal ritorno non pianificabile.
Data l’elevata mole di dati raccolti, torneremo sull’argomento, magari con la collaborazione della stessa Millecanali, che a sua volta elaborerà le importanti risultanze della sua pregevole iniziativa.

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