Una volta il giornalismo aveva il polso della situazione del Paese, oggi non più. Terremotando la politica, le ultime elezioni hanno segnato il trionfo di Internet, mentre il boom del web ha spuntato le armi dei giornalisti che non ne hanno azzeccata più una.
Persino i talk-shaw sono stati battuti dall’euforia del digitale, dalla voglia di contare di più da parte degli eserciti di internauti. Lo choc ha disorientato i pezzi da novanta del giornalismo, e con loro il codazzo di opinionisti di ogni peso e di ogni livello di presunzione. Li ha traditi la supponenza del saccente e la miopia autoreferenziale. Nonostante in molti origliassero fra gli anfratti della rete dal buco della serratura, non si è saputo cogliere la dimensione dei cambiamenti e l’impeto sconvolgente della democrazia diretta, e si è continuato a inseguire sondaggi surreali. A rimorchio del Palazzo della politica in mano a gente screditata, si è smarrita la bussola dell’opinione pubblica, e si è finito con il navigare a vista nel virtuale. I mass-media tradizionali stanno perdendo il controllo della notizia che il web produce e auto produce da sé a ritmi incontenibili, stritolandola in mezzo alle ruote di una comunicazione prodotta da una miriade di protagonisti. Si fatica a intercettare i flussi delle fonti di informazione moltiplicatisi in misura esponenziale, e che ti passano sotto il naso a velocità supersonica. Si cerca di cogliere, fior da fiore dalla montagna interattiva, almeno gli spunti che possano soddisfare la spettacolarità degli eventi secondi canoni del mestiere avviati al tramonto. Il ruolo di mediatori tra i fatti e i cittadini si è indebolito al tal punto che i grillini dell’ultima ora hanno trovato la sfacciataggine di sfotterci. Peraltro, si rischia di ammainare la bandiera del giornalismo in un mondo edi toriale che, invece, di mettersi al passo con i tempi, si illude di salvare la pelle smantellando le migliori energie professionali. Diventa follia suicida restare a guardare la grande vetrina interattiva senza entrarci dentro con la forza dell’esperienza e l’autorevolezza del cronista. Non basta che lasciamo ai lettori l’opportunità di interagire con noi, con i nostri blog e con le nostre piattaforme digitali. Di questo passo, ci si infila in un ruolo di nicchia. Per raggiungere le grandi masse di navigatori, bisogna invertire la rotta. Non aspettarle nei nostri acquartieramenti, ma interloquire, con tenacia e spirito di servizio, in casa loro, dentro i siti, i social network, e i blog più frequentati assicurandoci ovviamente il rimbalzo sui mass-media multimediali. Ad esempio, che si aspetta a spiegare nei territori di M5stelle dove porta l’antisistema e raccontare come il fascismo conquistò il potere grazie all’ignavia dei partiti? Probabilmente si incavoleranno per l’interferenza, ma qualcuno comincerà ad aprire gli occhi e forse a ragionare sui valori della democrazia e a rispettare il ruolo del giornalista. (Romano Bartoloni – Presidente Sindacato cronisti romani)