Dati personali esatti e aggiornati anche negli archivi giornalistici on line. E’ quanto ha stabilito il Garante privacy che, accogliendo i ricorsi [doc. web n. 2286820 e 2286432] di due cittadini, ha ordinato a un gruppo editoriale di aggiornare alcuni articoli presenti nell’archivio storico on line di un suo quotidiano.
L’editore dovrà individuare modalità che segnalino al lettore l’esistenza di rilevanti sviluppi delle vicende che riguardano i due interessati (ad esempio, con un link, un banner o una nota all’articolo). L’adozione di questo accorgimento è in grado, infatti, di garantire alle persone il rispetto della propria identità, così come si è evoluta nel tempo, consentendo al lettore di avere un’informazione attendibile e completa. I ricorrenti si erano rivolti all’Autorità, insoddisfatti del riscontro ottenuto dall’editore, per chiedere la rimozione dall’archivio storico on line di alcuni articoli riguardanti gravi vicende giudiziarie in cui erano rimasti coinvolti o, quanto meno, l’integrazione o l’aggiornamento delle notizie con gli esiti delle successive sentenze, a seconda dei casi di proscioglimento, assoluzione o intervenuta prescrizione. Nel riconoscere la liceità della conservazione degli articoli di cronaca nell’archivio storico on line del quotidiano, l’Autorità, come in molti altri casi esaminati in passato, ha detto no alla rimozione degli articoli (operazione che avrebbe alterato l’integrità dell’archivio), ma ha ritenuto che i ricorrenti avessero diritto ad ottenere l’aggiornamento o l’integrazione dei dati personali. Nei due casi esaminati dal Garante, infatti, sviluppi successivi della vicenda avevano profondamente modificato i contenuti dei primi articoli di cronaca. La decisione del Garante si pone in linea con una recente sentenza della Cassazione, la quale, nell’affrontare un caso analogo, ha statuito che per salvaguardare l’attuale identità sociale di una persona occorra garantire la contestualizzazione e l’aggiornamento della notizia di cronaca, attraverso il collegamento ad altre informazioni successivamente pubblicate. Per quanto riguarda, infine, la richiesta dei ricorrenti di rendere gli articoli inaccessibili dai comuni motori di ricerca, il Garante ha dichiarato non luogo a provvedere perché, seppur dopo la presentazione del ricorso, l’editore aveva adottato gli accorgimenti tecnologici per "deindicizzare" gli articoli. Uno dei due provvedimenti adottati dal Garante è stato impugnato dall’editore di fronte all’autorità giudiziaria.