Fino all’altro ieri sembrava che l’intenzione del Ministero dello Sviluppo Economico fosse quella di scansare la quantificazione degli indennizzi per lo spegnimento dei canali DTT in attesa di un orientamento legislativo che la rendesse meno difficoltosa (e scomoda) da gestire.
Oblio
Dopo la ridda di indiscrezioni su possibili revisioni degli originari criteri di determinazione degli importi da riconoscere agli operatori di rete locali per la restituzione anzitempo dei diritti d’uso ventennali per l’esercizio di frequenze sul digitale televisivo terrestre – all’indomani della bocciatura del controverso emendamento presentato nel DL 34/2020 – l’oblio era nuovamente ricaduto sull’atteso decreto dicasteriale.
Passaggio politico
La sensazione diffusa era appunto che il Ministero volesse consegnare alla politica lo sbrogliamento della matassa, attraverso un provvedimento legislativo. Soluzione che, del resto, avrebbe garantito anche una maggiore tutelabilità giuridica rispetto ad un atto amministrativo.
Complicazioni di Stato
Alla luce, tuttavia, dell’ordinanza-monito del Consiglio di Stato di venerdì la situazione si è complicata. Beninteso, un provvedimento normativo finalizzato ad inquadrare, con meno discrezionalità a carico del Mise, la determinazione degli indennizzi non contrasterebbe certamente con l’orientamento fornito dai giudici amministrativi.
Tempus fugit
Tuttavia, l’avvertimento del supremo consesso di giustizia amministrativa circa le conseguenze dell’inazione ministeriale non consente (più) di posticipare sine die l’adozione del decreto, in attesa del passaggio di un carrozzone utile a trasportare la norma salvatrice.
Col risultato che la patata rovente per ora non passa di mano.