Era stato il collante per l’identità nazionale, per la lingua, per la cultura, alle sue origini. Si era tramutata in una fucina di sogni con l’avvento del benessere negli anni sessanta. Aveva allargato il proprio spazio, il numero delle reti, si era aperta a nuove esperienze imprenditoriali, tra gli anni settanta e ottanta. Era diventata la patria dei reality show e della cosiddetta “tv spazzatura” tra la fine degli anni novanta ed i primi del nuovo millennio. Oggi la tv, a cinquantatre anni dal suo avvento in Italia è ancora il medium più utilizzato dagli italiani di ogni parte della penisola: la guarda il 94,2% degli abitanti del nostro Paese, l’87% la guarda tutti i giorni. A dirlo è il 16° Osservatorio Demos-Coop sul Capitale sociale, che si concentra sul rapporto tra informazione e società. Secondo l’indagine, poi, i quotidiani si collocano al secondo posto, occupando le giornate soltanto del 63,4% degli italiani (il 30,2% tutti i giorni), mentre la radio si piazza terza con il 60,9%, di cui il 41,1% con una cadenza giornaliera. La rete, un gradino sotto il podio, è in trend più che positivo, ma ancora non compete con i media tradizionali (in Italia, perché altrove li ha soppiantati…): il 38,6% ne fruisce, il 24,8% giornalmente.
Le cose cambiano, ed in maniera vistosa, quando si parla di credibilità. Da quel punto di vista il piccolo schermo è la pecora nera del gruppo. Qui la radio la fa da padrona, con il 60% degli italiani che la ritengono credibile, contro il 38% che pensano questo dei quotidiani, il 36% del web e solo il 30% della tv. Le motivazioni sono molte: la presenza sempre più asfissiante della politica in ogni ambito televisivo, tanto d’aver trasformato certe trasmissioni in vere e proprie tribune parlamentari; il perdurare della stagione dei reality e di tutti quei programmi di bassa levatura culturale che contribuiscono a rendere la tv piatta, così come i suoi spettatori; l’informazione che non informa, sempre più omologata e funzionale; non ultimo, il recente scandalo che ha investito Rai e Mediaset che, in attesa che si faccia luce sulla verità, non ha certo contribuito ad aumentare il tasso di credibilità delle due aziende. Entrando nello specifico, vediamo che il telegironale avvertito come più credibile è il Tg3 regionale (71,5% della fiducia della gente), seguito dal Tg1 (69%), dal Tg3 nazionale (63,4%), dal Tg2 (62,6%), dal Tg5 (48,8%), fino al primato negativo del Tg4 (26,9%). In radio, invece, i radiogiornali delle emittenti private risultano, anche se di poco, più attendibili di quelli di Radio Rai (39,4% contro 32,8%).
Tornando alla televisione, ma passando ai programmi d’intrattenimento, l’Oscar del pubblico spetta a Ballarò (57,4%), seguito da Mentana con Matrix (52,3%), Santoro con Anno Zero (46,2%) e Vespa con Porta a Porta (45,7%). L’ultimo dato dell’indagine disponibile riguarda il conflitto d’interessi di Berlusconi, di cui si parla da anni ma su cui nessun governo ha finora legiferato: il 65,7% degli spettatori italiani lo ritiene un problema grave, “che la politica dovrebbe risolvere il prima possibile”, l’8,3%, invece, non lo ritiene nemmeno un problema. Povera tv, da fucina di sogni a fabbrica di interessi. (Giuseppe Colucci per NL)