La Commissione Tributaria Provinciale di Roma interpreta, nella sentenza 329/41/09 resa lo scorso 4 settembre, l’art. 68 d.lgs 546/1992 alla stregua di abrogazione implicita dell’ art 15 DPR 602/1973 facendo segnare il passo alle pretese del fisco che dovrà attendere gli esiti del giudizio instaurato.
Con questa decisione, dunque, si interviene a gamba tesa nella prassi in base alla quale non si ritiene sospesa l’esecutività conferita all’avviso di accertamento nonostante il contribuente adisca l’organo giurisdizionale al fine di vagliarne la fondatezza. Il fondamento di questa "affascinante" pronuncia – secondo il commento che ne fanno A. Bongi e M. Tasini (V. Italia Oggi, 22/02/2010, p. 21) – si rinviene nella considerazione svolta dal giudice tributario intervenuto, in base alla quale è stato ritenuto implicitamente abrogato per antinomia con una disposizione successiva l’art. 15 DPR 602/1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) in conseguenza della previsione contenuta nell’art. 68 d.lgs. 546/1992 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n 413). Vediamo di capire cosa impongono queste due norme confrontandoci con le analisi svolte dalla giurisprudenza intervenuta sul punto. L’art. 15 citato, si componeva originariamente di due commi: il primo, del quale si discute in merito al perdurare della propria efficacia, prescrive che "Le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati". Proprio da questa disposizione, l’Amministrazione Finanziaria opposta si era determinata, nonostante la litispendenza, ad iscrivere a ruolo il 50% delle somme ritenute dovute e non liquidate nella dichiarazione del ricorrente. Il secondo comma, abrogato invece per effetto dell’esplicita previsione contenuta nell’ art. 37 d.lgs. 46/1999, annoverava i casi di sospensione dell’esecutività dell’avviso di accertamento in pendenza di ricorso alla competente Commissione Tributaria di primo, secondo e terzo grado (art. 15, comma 2, lett. a) b) e c), DPR n. 602/1973). Fin qui, sembrerebbe che il collegio pronunciatosi sulla controversia in commento abbia errato nel ritenere sospeso il ruolo esattoriale controverso, se non fosse per l’interpretazione fornita all’art. 68 citato. Tale disposizione, infatti, prevede una specifica graduazione nell’ammontare della somme poste in regime di riscossione coattiva dopo gli esiti dei vari gradi di giudizio, colmando di fatto il vuoto normativo lasciato dall’abrogazione del secondo comma dell’art.15 DPR 602/1973; dedurre da questo un incidenza diretta sulle determinazioni e sull’attività che dovrebbe svolgere in merito la Pubblica Amministrazione limitandone di fatto facoltà e prerogative, può apparire una forzatura fin troppo audace. L’essenza della contestazione mossa alla Ctp di Roma, difatti, risiede in una pronuncia della Corte di Cassazione – la n. 7339/2003 – la quale, al contrario, giustifica l’efficacia dell’art. 15 delle "Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito" per la diversità di materia trattata rispetto all’art. 68 delle "Disposizioni sul processo tributario" : "(…) la nuova disposizione dell’art. 68" -argomenta il giudice di legittimità – "non interviene sulla disciplina della riscossione graduata del tributo nella fase amministrativa regolata dall’art. 15, comma 1, DPR n. 602/1973. Sicché quest’ultima disposizione non potrebbe dirsi in contrasto o incompatibile con la disposizione di cui all’art. 68 d.lgs. n. 546/1992, in quanto si tratta di norme che fanno riferimento ad ambiti diversi di disciplina della riscossione del tributo (…)". (Cfr. Italia Oggi, cit.). Nel proseguo della motivazione, gli Ermellini non mancano di ricordare che l’istituto dell’abrogazione implicita presuppone che a due norme dell’ordinamento non si possa dare contemporanea applicazione, ovvero che all’attuazione dell’una corrisponda – sistematicamente – la disapplicazione dell’altra. Orbene, seguendo questa logica, Piazza Cavour ritiene che il pagamento a titolo provvisorio dell’avviso di accertamento iscritto a ruolo per metà dell’ammontare riguardi un momento giuridico fondamentale e differente da quello inerente la contestazione dell’avviso di accertamento. Vieppiù, aggiungiamo noi, l’art. 47 d.lgs. n. 546/1992 prevede la possibilità per il giudice adito di disporre con provvedimento motivato – previa richiesta del ricorrente gravemente pregiudicato dall’elargizione delle somme richieste dal fisco ed in grado di prestare idonea garanzia per l’eventuale futuro adempimento – la sospensione dell’esecutività del provvedimento emanato dall’Amministrazione Finanziaria. Tutto ciò considerato, pare che la decisione presa dalla Ctp di Roma si basi sull’erronea applicazione dell’art. 68 d.lgs. n. 546/1992 ai fini di una pretesa sospensiva ipso iure del titolo iscritto a ruolo in presenza di ricorso da parte del contribuente, se si considera che i medesimi effetti possono prodursi applicando – ove consentito – l’art 47 della medesima norma. Ulteriormente, la ragionevolezza della ratio ispiratrice delle norme a presidio della riscossione coattiva dei ruoli dello Stato, è suggellata dalla stessa Corte Costituzione, la quale ha avuto modo di intervenire sul punto con la sentenza n. 464/1999. Il Giudice delle Leggi, infatti, interpretando il principio di esecutività degli atti provenienti da un’autorità nell’esercizio di pubblici poteri, ritiene che il soggetto privato sia comunque tenuto all’adempimento in quanto adeguatamente tutelato dalla possibilità riconosciutali di ricorrere ad un giudice entro un termine ragionevole anche in merito ad una richiesta di sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato. Insomma, la posizione del semplice cittadino non vale a frenare la gloriosa macchina dello Stato che mai come nel caso della riscossione dei propri ruoli si dimostra così efficiente. Il principio/clausola del solve et repete – stella polare nei rapporti economici con lo Stato – pare salvo se si considera la scarsa propensione da parte dei giudici nazionali di concedere sospensioni dell’esecutività di un atto proveniente dalla Pubblica Amministrazione. (Stefano Cionini per NL)