Stupisce che quando in Italia si instaura una discussione su problematiche comuni, non si riesca mai ad uscire dalle logiche di campanile.
Sabato c’è stata a Roma la manifestazione a favore della libertà di stampa, con 300mila partecipanti (60mila dice la polizia), interventi di giornalisti, scrittori ed intellettuali autorevoli. All’appello della Federazione italiana della stampa avevano risposto in tantissimi, con firme celebri del mondo dello spettacolo, della scienza, della letteratura, del giornalismo, italiani e stranieri. E’ stato un successo, per quanto simbolico, ma un successo. Aveva stimolato una parte d’opinione pubblica, che in tempi come questi è già qualcosa d’importante. Poi è arrivato il signor Minzolini, che se n’è uscito, sabato sera, con un editoriale shock (da ventennio verrebbe da dire, senza timore d’essere smentiti), in cui banalizzava la manifestazione. Il CdR del Tg1, come abbiamo visto, è insorto e si è scagliato contro tale iniziativa. A Minzolini – che anziché sfruttare l’ottima occasione per tornare sui suoi passi, ha ritenuto di ulteriormente precisare, rincarando la dose – verrebbe da dire che i timori sulla libertà di stampa in Italia non vengono dai capricci di quattro giornalisti invisi al potere. Se il prode Augusto s’informasse, vedrebbe che sono timori generati da fatti oggettivi, da parametri che esulano le leggi del campanile. Lo dicono in tanti, tra cui la Freedom House, l’organizzazione statunitense che si occupa della libertà d’espressione nel mondo, fondata da un certo Franklin Delano Roosevelt. L’Italia, ma ormai non è una novità, è l’unico Paese dell’Europa dei ventisette a non essere inserito tra quelli “liberi”. Il calcolo abbraccia una serie di parametri, tra cui la concentrazione delle proprietà dei media, il ricorso alla denuncia, ai tribunali, alle intimidazioni fisiche ed intellettuali nei confronti dei giornalisti. Superati i 30 punti si cade automaticamente tra i Paesi “parzialmente liberi”. Analizzando i dati riferiti al 2008, che permettono di stilare la classifica del 2009, noi ne abbiamo 32: “parzialmente liberi”, come Israele, come la Turchia, che con 50 è il paese del nostro continente (pur non facendo parte dei ventisette) più a rischio. Ai primi posti, come consuetudine, Islanda, Finlandia, Norvegia, Danimarca e Svezia, e agli ultimi Cuba, il Turkmenistan, la Corea del Nord, la Birmania, la Libia e l’Eritrea. Allora, Minzolini, dobbiamo preoccuparci almeno un tantino? Fa sorridere, poi, come tra coloro che sono stati citati nel rapporto dello scorso anno (dove l’Italia era, per il rotto della cuffia, ancora “libera”) ci siano i giornalisti de “il Giornale”, denunciati da Ferdinando Adornato per aver pubblicato articoli relativi all’acquisto di case a prezzi di favore. Quegli stessi giornalisti che, oggi, gridano allo scandalo perché il sindacato di categoria manifesta contro gli abusi di cui è vittima. (G.M. per NL)
(foto: copertina Prima Comunicazione)