Parlando di Industria 4.0, tre studi hanno recentemente affrontato l’argomento. In essi ritorna sempre uno stesso argomento: l’importanza degli investimenti in innovazione per quelle aziende che vogliono crescere in efficienza, redditività e livelli occupazionali.
Innanzitutto c’è l’indagine di Ey Growth Barometer – Italy, dal curioso titolo “le sabbie mobili possono essere una solida base per la crescita? Come le aziende italiane stanno portando avanti i loro piani di sviluppo”. Questa ha esaminato i leader del middle market, cioè 2.340 aziende italiane con ricavi annui tra un milione e tre miliardi di dollari e di una selezione di società in rapida crescita con meno di cinque anni di vita.La ricerca, da un lato, ha guardato le ambizioni di crescita di queste imprese, le loro strategie e le sfide che devono affrontare; dall’altro lato, ha osservato la loro attitudine verso i rischi globali e le incertezze del mercato.
Un aspetto interessante evidenziato dallo studio è l’attenzione rivolta dalle aziende alle trasformazioni tecnologiche. La ricerca riporta come strategie di crescita il consolidamento tramite M&A, l’ingresso in un nuovo mercato geografico e l’aumento della quota di mercato (queste ultime due soluzioni sarebbero la risposta alla forte concorrenza interna); ma, soprattutto, elemento decisivo per la crescita di un’azienda è il progresso tecnologico.
Come riportato nella pubblicazione della ricerca, il 45% dei leader del middle market italiano passano almeno la metà del proprio tempo pianificando strategie future (nel resto del mondo la percentuale scende al 30%); inoltre, “l’11% ha già adottato l’RPA [automazione robotica dei processi], contro il 5% a livello globale, e un ulteriore 15% dichiara che prevede di farlo nei prossimi 10 anni”. A quest’ultimo dato è legata la preoccupazione generale circa una significativa perdita di posti di lavoro, ma “contrariamente alle previsioni distopiche dei media globali, la maggior parte degli intervistati italiani pensa che le perdite di posti di lavoro collegate all’RPA saranno meno del 20%”.
Anche il rapporto Cerved Pmi 2017 ha guardato agli investimenti in innovazione, sottolineando come questi siano in accelerazione, grazie anche al Piano Industria 4.0, varato dal Governo italiano nel 2016 con lo scopo di rilanciare l’industria e la produttività italiana attraverso l’innovazione. Il rapporto ha registrato la crescita delle piccole e medie imprese, trainate dalle microimprese.
In particolare, è stata fatta un’interessante analisi che ha coinvolto oltre 300 mila imprese, raggruppandole in quattro diversi gruppi: le “aquile”, ossia le imprese con alta propensione a investimenti e innovazione; i “colibrì”, con alta propensione all’innovazione, ma non agli investimenti; gli “pterodattili”, con alta propensione agli investimenti tradizionali non innovativi e – infine – gli “struzzi”, altre imprese che cercano di fuggire dalla globalizzazione.Guardando all’andamento del fatturato per grado di innovazione dell’impresa, quelli che hanno un risultato migliore sono le “aquile”, con un tasso di crescita cumulato nel periodo 2007/2015 del 14,6%, seguite dagli “pterodattili” (+7,7%) e dai “colibrì” (+4,2%), all’ultimo posto si trovano gli “struzzi” (-3,9%). Inoltre, le “aquile” hanno anche registrato un aumento della produttività (+15,8%).
Un altro studio che si è occupato del tema della cd. “quarta rivoluzione industriale”, è la ricerca Kpmg, realizzata per conto del Comitato Leonardo. Da essa è emerso come il 75,8% delle imprese sia a conoscenza del Piano Industria 4.0. Tale Piano vuole fornire gli strumenti adatti a investire in innovazione. Tra gli strumenti offerti, i più utilizzati sono stati il superammortamento (51,4% e considerato utile da oltre il 72% delle imprese a conoscenza del Piano), l’iperammortamento (43,8%) e il credito d’imposta per ricerca e sviluppo (29,2%). (G.C. per NL)