Importanti sentenze, concordanti, della Commissione Tributaria Regionale di Milano sulla vexata quaestio della valutazione degli impianti di radiodiffusione sonora.
I provvedimenti dell’organo di secondo grado di giustizia tributaria lombardo depositati l’11 settembre scorso prendono le mosse dagli appelli proposti da alcune società editrici di emittenti radiofoniche avverso le sentenze rese dai giudici di primo grado in esito a ricorsi contro avvisi di rettifica e liquidazione relativi alla permuta di rami d’azienda costituiti da diffusori FM. Il contrasto tra le società contribuenti e l’Agenzia delle entrate (AdE) era sorto essenzialmente a riguardo dei criteri di valutazione dei beni compravenduti: meramente determinato attraverso l’attribuzione di un valore compreso tra 0,50 e 2,50 euro per utente “illuminato” per l’Ufficio e per mezzo di un approccio più articolato (e “scientifico”) per le ricorrenti. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano (CTP), con sentenze del 2010 aveva accolto parzialmente i ricorsi delle emittenti radiofoniche, rideterminando in diminuzione il valore d’avviamento dei rami d’azienda oggetto di compravendita. Avverso le sentenze avevano ricorso in appello le società editrici, ripresentando le eccezioni formulate nel giudizio di primo grado circa l’aleatorietà e l’indeterminatezza del criterio adottato dall’Ufficio per quantificare il valore dell’avviamento dei rami aziendali interessati dai negozi giuridici. In atti le appellanti, peraltro, sottolineavano come già nel 2010 la Commissione Tributaria Regionale, con sentenza passata in giudicato, pronunciandosi di analoghi avvisi di rettifica e liquidazione notificati proprio ad una delle appellanti dall’Ufficio ed avente ad oggetto rami di azienda composti da impianti ceduti o permutati avesse cassato l’identico metodo di calcolo utilizzato dall’AdE per accertare il maggior valore di avviamento, adombrando, nel caso in cui la sentenza avesse trovato conferma, il contrasto di giudicato e la violazione dell’art. 395 n. 5 c.p.c. La Commissione Tributaria Regionale (CTR), osservato incidentalmente come si fosse in presenza di due differenti CTP che sulla medesima permuta avevano emesso sentenze contrastanti tra loro (nella specie, una sezione della CTP di Milano aveva accolto parzialmente il ricorso di una delle parti che aveva concluso la permuta mentre un’altra aveva respinto l’istanza dell’altra parte), rilevava che la questione in discussione s’incentrava sostanzialmente sulle modalità da adottare per valutare i rami d’azienda permutati. Nel dettaglio, le società appellanti indicavano le modalità che avrebbero dovuto essere utilizzate per effettuare una corretta valutazione dei rami d’azienda permutati, modalità che confliggevano con quelle utilizzate dall’Ufficio e ritenute corrette dai magistrati tributari di prima istanza. Invece, secondo l’AdE, in mancanza di una specificazione della parte sul metodo utilizzato per calcolare l’avviamento ed in considerazione del fatto che, nel caso di un impianto radiofonico, sarebbe stato sufficiente quanto fondamentale attingere alla redditività della radio in base al bacino di utenza, attraverso un’analisi del potenziale ascolto. E infatti, proprio sulla base di tali criteri valutativi, l’Ufficio aveva provveduto a determinare il numero di utenti che ragionevolmente avrebbero potuto essere raggiunti dai diffusori compravenduti, adoperando il criterio dell’applicazione di una forbice tra 0,50 e 2,50 euro per testa illuminata (assegnando nel caso di specie il valore intermedio di 1,25 euro che era stato moltiplicato per gli abitanti residenti nelle province indicate al campo 69 della scheda B dei diffusori secondo i dati ISTAT). Le ricorrenti, per parte propria, contestavano il metodo di valutazione dell’AdE, considerandolo estremamente semplicistico, opponendo che al fine di attribuire un valore economico ad un impianto di radiodiffusione sonora occorreva tener conto di una serie di parametri articolati e combinati che avrebbero permesso di attribuire una valutazione qualitativa, tramite una scala di valori successivamente corretta attraverso un coefficiente dimensionale, per arrivare alla sua valorizzazione economica. A supporto delle proprie tesi, le ricorrenti depositavano perizie giurate, realizzate da professionisti abilitati, sulla base del modello valutativo elaborato da Consultmedia (struttura di competenze a più livelli che fa riferimento a questo periodico), basato sulla scomposizione del ramo d’azienda in parametri quali “il valore dell’area di copertura”, “l’importanza dell’area servita sotto l’aspetto demografico”, “l’importanza dell’area servita sotto l’aspetto commerciale”, “la disponibilità alternativa di altri impianti”, “il valore tecnologico degli impianti”, “l’importanza strategica della postazione utilizzata”, “il valore del livello di presintonizzazione”, “lo stato interferenziale” e sull’attribuzione ad ognuno di essi di un valore compreso tra 1 e 10 secondo un processo che si conclude col compendio degli elementi frazionati, previa applicazione di un coefficiente correttivo dimensionale. Per i giudici tributari di secondo grado le tesi delle società contribuenti apparivano corrette e quindi meritevoli di accoglimento, atteso che “certamente la valutazione dell’avviamento costituisce una problematica complessa che non può essere risolta con l’utilizzo di formule standard applicabili a tutte le ipotesi che si possono verificare nella realtà economica”. Pertanto, se nel caso di specie “appare certamente corretto, ai fini della valutazione, fare riferimento al numero delle persone potenzialmente raggiungibili dal segnale”, non “appare invece condivisibile il metodo utilizzato dall’ufficio per determinare il numero dei potenziali utilizzatori” che, in pratica, erano stati fatti coincidere con la popolazione residente secondo i dati ISTAT, “senza tenere in minimo conto i fenomeni interferenziali da parte di altre emittenti e delle altre problematiche evidenziate dalle parti”. Sul punto, per i giudici di secondo grado, apparivano “certamente rilevanti le censure sollevate dalle società per mezzo di un’apposita perizia estimativa circa la popolazione raggiungibile dagli impianti, censure che non sono state in alcun modo contestate dall’ufficio”. Secondo la CTR, “il metodo di valutazione utilizzato dalle società appare certamente più appropriato tenendo conto di un maggior numero di variabili rispetto a quello dell’Ufficio che si limita all’applicazione di una formula aritmetica, senza valutare in concreto la realtà aziendale”. “Metodo – spiega la sentenza disaminata – che la Commissione ritiene eccessivamente grossolano per poter essere considerato attendibile, anche in considerazione del fatto che lo stesso Ufficio non ha ritenuto di dover in alcun modo contrastare le affermazioni contenute nella perizia depositata dalle società che riduce notevolmente il numero degli utenti potenzialmente raggiungibili e, quindi, il valore dei rami aziendali permutati”. In conformità alle argomentazioni esposte ed in “considerazione del fatto che è onere dell’ente accertatore dimostrare la fondatezza della pretesa”, la CTR, in riforma delle sentenze impugnate, accoglieva gli appelli delle emittenti radiofoniche e respingeva quelli dell’Ufficio. Le concordanti decisioni dei giudici tributari di secondo grado contribuiscono a fare chiarezza sulla controversa questione della determinazione dei valori agli impianti di radiodiffusione sonora avvalorando l’utilizzo di un approccio scientifico come quello analizzato, peraltro da tempo diffusamente impiegato nel settore (è ormai pressoché prassi accludere agli atti di compravendita le perizie di stima a supporto della determinazione del prezzo elaborate secondo i parametri descritti nella presente disamina giurisprudenziale). (M.L. per NL)