Il WiMax italiano? Molti lo vogliono libero

Dopo la denuncia di Anti Digital Divide, il Partito Pirata punta ad un Googlebombing per conquistare frequenze libere. Per evitare che il WiMax faccia la fine dell’UMTS


da Punto Informatico

Roma – La fortissima attesa per il WiMax, tecnologia wireless che molto potrebbe fare per portare la banda larga in quell’Italia che la sogna da anni, potrebbe essere tradita dal modo in cui il Governo intende gestire le frequenze necessarie. Lo sostiene la denuncia dell’associazione Anti Digital Divide diffusa nei giorni scorsi e lo ribadisce in queste ore il Partito Pirata, che intende fare tutto ciò che è possibile per spingere il Governo a liberalizzare le frequenze.

Secondo i Pirates italiani le frequenze del WiMax saranno assegnate tramite un’asta pubblica che le consegnerebbe nelle mani dei soliti grandi operatori, togliendo al WiMax quelle potenzialità di pervasività che potrebbero aggredire al cuore il divide digitale italiano. Il costo delle licenze, poi, si ripercuoterebbe sui costi finali del WiMax per l’utente, esattamente come avvenuto con UMTS, tecnologia promettente che tutt’oggi, ad anni dalla sua introduzione, rimane frequentata da una piccola percentuale dell’utenza, quella che se la può permettere.

La battaglia è tutta in salita. Basti pensare ai costi che proprio per l’UMTS hanno pagato i principali operatori di telefonia mobile: accetteranno di buon grado il sorgere di concorrenti capaci di offrire grazie ad un WiMax ottenuto a basso costo molto più di quello che può offrire l’UMTS? Ne sono perfettamente consapevoli quelli del Partito Pirata che spiegano: “È chiaro che gli interessi di queste aziende sono palesemente in contrasto con gli interessi della comunità e dei consumatori. Di conseguenza, è necessario far sentire la propria voce per impedire che, ancora una volta, sia il più debole a dover soccombere”.

Un primo ingegnoso modo per farsi sentire ideato dal Partito Pirata è un’azione di Googlebombing legata al WiMax, azione che richiede la massima partecipazione possibile di utenti e webmaster perché riesca nell’obiettivo: come in ogni Googlebombing che si rispetti, lo scopo è far sì che il primo risultato di ricerche su Google con il termine “Wi-Max” sia una pagina dedicata alla protesta, con la spiegazione sulla pericolosità delle aste per il WiMax e link di approfondimento.

La pagina è già pronta, è disponibile qui. Perché il Googlebombing riesca è necessario che quella pagina sia linkata come Wi-Max sul maggior numero possibile di pagine web che in qualche modo affrontino l’argomento: così facendo Google registrerà i molti link “Wi-Max” e via via porterà verso l’alto nei suoi indici la pagina della mobilitazione. Una pagina di esempio l’ha preparata Alessandro Bottoni sul suo blog in cui spiega:

“Il Google Bombing consiste nel rendere deliberatamente molto popolare un sito web (od una singola pagina) creando molti altri siti web ed inserendo in ognuno di essi un articolo ed un link che faccia riferimento al sito, od alla pagina, che si vuole rendere popolare. Si tratta di una tecnica del tutto legittima, del tutto corretta, ben conosciuta e di successo quasi garantito se si dispone di una comunità abbastanza ampia”. Conseguenza ovvia di una mobiitazione di questo tipo è anche la diffusione della conoscenza della situazione.

Entro qualche settimana sarà possibile tirare le somme dell’azione che, nel frattempo, potrebbe guadagnarsi l’attenzione di chi si trova oggi a decidere il futuro del WiMax nella stanza dei bottoni.

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