(Il Sole 24 Ore) – L’Upa, l’associazione degli utenti inserzionisti di pubblicità, ci organizza quello che, nei fatti, è un Congresso Nazionale, all’Auditorium di Roma. Una costante, in molti interventi, è la citazione, un po’ patetica, dei propri figli, che viaggiano su un altro pianeta, quello del Web. Più concretamente, De Nardis sottolinea come i giovani tra i 18 e i 24 anni stanno ogni giorno, in media, due ore e mezza on line. Il 94% legge ogni giorno la posta elettronica, il 75% guarda un video e i tre quarti si tengono aggiornati on line. Questa "generazione on line" è «misurabile» molto meglio del pubblico dei media tradizionali (e la privacy? ndr) ma le «informazioni sono praticamente infinite» sottolinea De Nardis e quindi il lavoro di elaborazione che attende gli operatori è gigantesco. I media tradizionali, di fronte al cambiamento della società «liquida», come la definisce il presidente della Fieg Carlo Malinconico, puntano sulla moltiplicazione digitale. E sulla molteplicità delle piattaforme distributive, come la radio. L’asso nella manica é la qualità dei propri contenuti a fronte del caos "senza garanzie" del Web. La crisi, prima o poi, passerà, ripetono tutti ma, aggiunge Enrico Finzi, «la sua eredità sarà una diminuzione tendenziale del saggio di profitto per tutti». Anche perché «il nuovo costa». Costa: ma negli Stati Uniti Arianna Huffington «con zero dollari spesi nel marketing» ha costruito un portale informativo – che include news, commenti, blog – che ha venti milioni di utenti. Il segreto sta nell’indipendenza giornalistica, nell’apporto dei citizen journalist e in quel passaparola che avviene nella Rete e di cui Andy Sernovitz ha dato un efficace dimostrazione al Convegno romano. La Rai con Claudio Cappon e Mediaset con Giuliano Adreani hanno descritto il passaggio dalla tv generalista analogica alla tv digitale terrestre multicanale: i due poli tv sono ottimisti sulle prospettive del business. Non lo dicono ma non vedono, nella tv terrestre, competitors nazionali di rilievo sui contenuti generalisti (intrattenimento , fiction, la stessa informazione). Nè si preoccupano del fatto che l’amministratore delegato di Nestlè Italia Manuel Andres spieghi a Massimo Mucchetti che in Italia una campagna pubblicitaria televisiva costa più che nel resto d’Europa a causa del maggior affollamento, che costringe ad acquistare un gran numero di spazi, anche se il loro costo medio, pur in forte crescita negli ultimi anni, resta tra i più bassi in Europa. Gli editori della Fieg chiedono misure asimmetriche per riequilibrare il mercato pubblicitario italiano, avendo una quota del 33,6% sul totale degli investimenti e contestano chi vorrebbe riservare ai siti Internet della Pubblica Amministrazione la pubblicità istituzionale. Domanda finale: i media italiani e i suoi principali operatori, così come le agenzie e i centri media, sono davvero pronti ad accettare la sfida sintetizzata dal presidente dell’Upa Lorenzo Sassoli de Bianchi nel binomio «trasparenza» e «responsabilità»? I consumatori e gli utenti aspettando la risposta.